GNOSI, VERITA' E CONOSCENZA

Si fa un gran parlare del dovere restando però sul generico. Talvolta -è vero- si dice che abbiamo il dovere di cercare la verità, ma subito fra i Massoni nascono discussioni squisite sul concetto di verità; e poi quale verità? quella assoluta o quella relativa? 

E così ce ne andiamo a casa contenti di aver esercitato le meningi e le corde vocali. 

Ma il dovere dovrà pur avere una concretezza, uno scopo, un traguardo. Altrimenti resterebbe un parlar vano.  



Riflessioni sul TRE

 

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LA STELLA FIAMMEGGIANTE

Nei dizionari massonici la stella fiammeggiante è il pentagramma raggiante della franco-massoneria moderna che verrà adottato solo nella seconda metà del secolo XVIII. E’ Una stella cinque punte attorniata di raggi e con al centro la lettera G.

Prima di diventare un simbolo operativo massonico, il pentagramma era uno simboli favoriti dei pitagorici, ed era sotto il nome di Ugeia (o Ygia, dea della salute) che acquistava anche un valore terapeutico essendo il pentalfa della vita e della salute.

Nella Mitologia greca, la stella di Ygia va vista come un simbolo protettivo/preventivo, come un invito permanente a conservare la forza interiore, condizione indispensabile per mantenere uno stato di salute soddisfacente.

I pitagorici la scelgono per emblema e ne fanno il centro delle loro meditazioni. Iniziati, filosofi e geometri, i pitagorici sono i primi cercatori ed i primi teorici delle leggi generali dell’armonia. Nato a Samo nel VI secolo a.c., Pitagora fu iniziato ai misteri egizi e visse più di vent’anni nei templi faraonici accanto a sacerdoti che gli rivelarono i loro segreti.

Cinque è il primo numero che risulta dall’addizione di due e di tre cioè dei numeri primi pari e dispari. Il numero pari rappresenta il principio femminile ed il numero dispari rappresenta il principio maschile.

Tre + due rappresenta dunque il risultato dell’addizione del maschile e del femminile, la vita manifestata, la generazione, e più precisamente il prodotto ultimo della generazione: l’uomo.

Molto importante per il Fr.˙. Compagno é questo numero: cinque sono i suoi anni simbolici, cinque sono i viaggi che deve compiere durante la sua iniziazione, cinque sono i sensi che deve studiare e conoscere. 

Il pentagramma ha sempre rappresentato per l’uomo antico le leggi dell’armonia essendo strettamente legato al numero che per eccellenza sublimizza questo concetto: la sezione aurea o proporzione divina, che si esprime col numero d’oro. Il numero d’oro è 1.618 (matematicamente simboleggiato da F) e il suo inverso 0.618 : entrambi trovano innumerevoli applicazioni in natura. E’ un numero dalle caratteristiche eccezionali, il numero dell’armonia e della perfezione che si ritrova ovunque nella natura come nell’arte. Storicamente nasce dal pentagramma, o stella a cinque punte. Il pentagramma o pentacolo è anche uno dei simboli magici più noti dell’occidente, adottato già dai pitagorici come segno di riconoscimento degli appartenenti alla loro comunità. 

Il pentagramma ha la particolarità che tutti i suoi segmenti sono una applicazione della divina proporzione, rendendolo un perfetto simbolo di sintesi dell’armonia. 

Per questa ragione la stella cinque punte è sempre stato il simbolo della bellezza e della perfezione associato alla dea Venere e al femminino sacro. Furono probabilmente i Babilonesi a scoprire le prime proprietà geometriche del pentagramma, studio successivamente approfondito dai pitagorici; tuttavia, fu Euclide a definire matematicamente il numero d’oro.

Inoltre, il pentagramma rappresenta l’insieme dei corpi viventi, vedi la stella di mare, i fiori di un pero, il taglio di una mela di cui si vedono i semi a stella a cinque punte, come l’uomo ha cinque dita, cinque sensi ecc.

L’uomo ha sempre cercato di imitare la perfezione della natura e non ci deve sorprendere il fatto che quasi tutte le antiche costruzioni rispettassero la divina proporzione: i pitagorici parlano di “euritmia” delle costruzioni architettoniche basate sul numero d’oro (ad esempio pensiamo all’uomo di Vitruvio di Da Vinci, alle proporzioni delle grandi piramidi di Giza, ecc.).

La stella è anche un simbolo biblico che ritroviamo sulla grotta di Betlemme per raffigurare il mistero dell’Incarnazione. Il sale della saggezza alchemica è rappresentato dalla stella a cinque braccia con al centro un cerchietto. La stella è inoltre sempre presente nella costruzione di chiese medievali, nelle ogive, nei rosoni delle vetrate.

La Stella Fiammeggiante viene posta ad Oriente sopra il trono del M.˙.V.˙.  nel tempio di secondo grado; al centro del pentagramma é presente la lettera G : l’interpretazione del significato di questa lettera ha dato vita a diverse teorie, ma la più accreditata assegna ad essa cinque significati specifici (specialmente nei rituali francesi).

Geometria: riferimento evidente ai pitagorici ed alla loro scuola iniziatica, é la scienza fondamentale per la muratoria operativa; “ma anche alla geometria interiore, che é puro lavoro spirituale, forza di ritenzione e di controllo dei desideri, della loro giusta valorizzazione e dalla corretta motivazione delle azioni, dei pensieri delle intenzioni”.

Generazione: risultato dell’unione tra il maschile e il femminile (due+tre).

Gnosi: conoscenza intesa come esperienza di contemplazione del G.˙.A.˙.D.˙.U.˙.

Genio: riferito alla scintilla divina del Creatore.

Gravitazione : le cinque braccia della stella sembrano essere emanate dal centro, che le trattiene e le direziona; quel centro che attraverso il lavoro iniziatico il massone deve ricercare e riscoprire in se stesso. 

Altri autori riferiscono il significato della lettera G alla parola inglese God (traduzione di Dio) o direttamente come G.˙.A.˙.D.˙.U.˙.

Molto é stato detto e molto altro si potrebbe dire su questo argomento, ma preferisco concludere con una frase sintetica ma molto eloquente (tratto dal libro di Porciatti):

“La Stella Fiammeggiante che appare al Compagno vincitore delle attrattive terrene é la stella del Genio Umano; ha cinque punte che corrispondono alla testa e alle quattro estremità dell’Uomo; é la Stella del Microcosmo che in Magia personifica il segno della Volontà Sovrana, cioè dell’irresistibile mezzo di azione dell’Iniziato.”  

Paperino spiega il Pentagramma


Bibliografia:

La Simbologia Massonica, Jules Boucher

Rituale e Istruzioni per il Fratello compagno Libero Muratore

Articolo tratto da La Stampa del 4/8/2004 EV

I misteri dell’Arte Reale, O. Wirth

La Massoneria Azzurra, U.G.Porciatti

La Massoneria resa comprensibile ai suoi adepti: Il Compagno, vol.II, O.Wirth 

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TRE “MISTERI” DEI MAESTRI SEGRETI

Tre “Misteri” dei Maestri Segreti

di Athos A. Altomonte 

Anche se molti “esoteristi” si dilettano a raccogliere e conservare enigmi del passato, rari sono quelli che si spingono tanto avanti da scoprirne il loro pratico impiego.

Per questo, è compito del ricercatore compiere ogni sforzo per capire l’utilizzazione, pratica e reale, d’ogni ideogramma rituale. Inoltre, scoprirne l’utilità vorrebbe dire “rendere giustizia” ai loro ideatori e a quanti li hanno preservati e trasmessi, attraverso una lunghissima “Catena d’Unione”.

Senza l’ausilio della parola sarà difficile chiarire le complesse concomitanze di questo ideogramma, ma ciò non toglie che riusciremo a testimoniarne alcuni aspetti.

Il cerchio è la determinazione “perfetta” di uno spazio ideale che può essere concepito non solo come un’area specifica, ma come una dimensione astratta di spazio e di tempo. Insomma una dimensione atemporale ed immanente che contiene (regge) un’apparenza specifica, determinata e limitata a se stessa.

Nel caso in questione, il cerchio è una porzione di spazio atemporale che racchiude (regge) la maggiore delle tre Triadi che compongono l’essere umano (v. sul Sito la trattazione delle “Triadi” nella: Esonet Conferenza).

“Espressione materiale” di questa Triade maggiore (la Monade spirituale) è il Pentalfa (la Stella a 5 punte), simbolo di 5 regni naturali che ogni essere umano racchiude in sé, nella propria “Natura”.

Il Pentalfa rappresenta: il regno minerale (le ossa dello scheletro); il regno vegetale (liquidi e umori); il regno animale (la corporalità e l’energia chimica ed ormonale che produce i suoi istinti e passioni); il regno umano (la psiche); il regno spirituale (l’energia nucleare che “anima” la conformazione materiale).

Quando la punta superiore del Pentalfa (il 5° regno, la dimensione ch’è detta: spirituale) arriva a “dominare” i quattro regni inferiori (vedi la trattazione del “Quaternario” sempre nella Conferenza di Esonet), l’essere vivente, fisicamente s’illumina. A questo punto il Pentalfa (illuminato) è detto Fiammeggiante.

Alla lettera “Z” vengono attribuiti diversi significati, a seconda della diverse capacità dell’”osservatore”.

Più spesso prevale l’aspetto simbolico, che vi ravvede la possibile iniziale di una parola ebraica.

E non si capisce il perché di questa scelta, visto che nelle intenzioni iniziatiche l’ideogramma è nato come “strumento di trasmissione” di una conoscenza che non fosse sottoposta alle interferenze dei linguaggi popolari. La scelta di ravvedere in quest’ideogramma un termine ebraico appare quindi come una scelta popolare non consona alle peculiarità iniziatiche. A rafforzare il concetto vediamo come la stessa mistica ebraica si guarda bene dall’uso letterale del proprio linguaggio, che riduce sotto forma di “combinazioni numeriche” (v. Kabbalah). 

Un’esegesi poco comune ravvede in questo ideogramma la raffigurazione del sistema sephirotico (Albero sephirotico), la cui Terza Colonna (spirituale) si estende invisibilmente lungo tutto il pavimento del Tempio massonico: partendo da “Kether”, il Maestro Venerabile, sino a raggiungere “Malkuth”, il Copritore Esterno. La “Z”, allora, sarebbe la raffigurazione del doppio triangolo che caratterizza la struttura portante del sistema sephirotico.

Questo è uno dei “segreti” di questo grado rituale.

Nella confluenza verticale di questo doppio triangolo si ravvedono le cosiddette “Clavicole di Re Salomone”. Il simbolo rappresenta la “confluenza” di una triade maggiore (quella di fuoco-spirito) in un’altra minore (aria, acqua, terra) che, come viene descritto con l’Albero della Vita (A. sephirotico), “discende”  dalla sephira denominata “Kether” sino a quella chiamata “Malkuth”.

L’utilizzazione pratica di questo ideogramma sta nella sua correlazione con la spina dorsale umana (vedi le tavole di Baker). Vale a dire, accostare la “discesa” energetica descritta nell’Albero sephirotico (il macrocosmo celeste, vedi l’Adamo Kadmon) alla sua “ascesa”, com’è mostrata nel Caduceo ermetico (il microcosmo umano, vedi l’Adamo terrestre).

La connessione tra Albero sephirotico e Caduceo ermetico “apre” un tema davvero inaspettato nel quale, come spesso avviene, sarà l’intuito del ricercatore a fornire la chiave d’accesso anche di questo “mistero”.

L’Albero sephirotico è l’elaborazione dei dieci stati di coscienza che l’iniziato deve riattraversare per raggiungere l’Iniziazione maggiore e così risalire alla scoperta della propria natura “divina”. E l’itinerario di questo “Viaggio” interiore diviene visibile, congiungendo i significati di due ideogrammi: il Caduceo Ermetico e la Chiave spezzata.

Entrambi i simboli, nella loro accezione iniziatica, corrispondono alla spina dorsale dell’essere umano. È attraverso questa “via” che si svolge tutto il percorso dell’iniziato, dallo stato fisico-animale fino al raggiungimento di quella “Libertà” interiore simboleggiata dalle due ali del Caduceo ermetico.

Il Caduceo ermetico.

La tradizione iniziatica mostra nel simbolo del Caduceo ermetico l’ascesa delle tre energie che “animano” l’essere. La via principale di trasmissione è il midollo spinale che dal coccige raggiunge la testa, mentre le altre due vie (il mascolino ed il femminino) salgono avvolgendosi attorno alla prima a mo’ di spirali.

Per il loro particolare moto a spirale i due percorsi vengono rappresentati come due serpenti ignei che, ascendendo verso il capo, si avvolgono attorno al bastone che corrisponde alla Via di Mezzo.

Il bastone (o una canna coi suoi nodi) rappresenta la spina dorsale, la via di mezzo che conduce all’apice, ch’è la mente (testa) dell’Iniziato. Una volta che nella mente siano ascese le tre energie all’iniziato si spalancano le Ali della Libertà (v. simbologia del Compasso massonico).

Le “Ali” (congiunzione di mascolino e femminino), in questo caso, al pari del Compasso massonico, sono la rappresentazione simbolica di quell’apertura di coscienza vista come libertà interiore e spirituale, che nasce dalla “comunione” della triplice essenza umana (fisico-pensiero-spirito) e che viene ritrovata alla conclusione di quel processo di sintesi interiore chiamato Iniziazione maggiore.

Nell’ideogramma i due serpenti rappresentano in modo ermetico due polarità energetiche (+ e – , mascolino-femminino, ossia i due poli dell’elettricità eterica) che si avvolgono, risalendo la corrente principale che scorre lungo il midollo spinale (v. tavole di Baker).

A somiglianza dell’Albero Sephirotico, anche qui alto e basso si uniscono passando per un centro (la sephirot Tiphereth o il suo analogo fisico il centro cardiaco) in cui si congiungono il lato destro, dominato dal lobo cerebrale dinamico (detto mascolino) e quello sinistro, dominato dal lobo cerebrale ricettivo (detto femminino). Tra i due c’è quella che le tradizioni esoteriche hanno chiamato la via di mezzo, ovvero un centro di coscienza, dominio dell’equilibrio interiore. E quest’equilibrio, in sintesi, riesce ad esprimere l’aspetto chiamato: il senso interiore di giustizia.

Ogni qual volta che le due polarità (mascolino e femminino) s’incrociano con l’energia che si trasmette attraverso il midollo spinale confluiscono a formare un unico nodo energetico chiamato: ganglio.

Questo dimostra con sufficiente chiarezza il concetto ermetico del: Tre in Uno che appare quando le due polarità fisiche (mascolino-femminino) si uniscono alla terza, neutra, così che la loro “triplice diversità” (2 + 1) si muta in un’unica sintesi energetica, nella quale è riconoscibile l’UNO.

La confluenza in una sintesi energetica forma un centro che, dalla scienza occidentale, è detto ganglio sensitivo.

L’antica saggezza d’oriente chiamò questo fenomeno “chakra” (in sanscrito: ruota), perché, una volta confluite in un unico punto, le 3 energie, rispondendo ad un impulso centripeto, “ruotano” in senso orario, fino a formare un nucleo dalla triplice essenza. Determinando un mirabile esempio di sintesi ed un processo davvero importante per l’individuo, perché, quest’amalgama energetica annulla e supera in maniera definitiva, un aspetto duale e conflittuale della natura fisico-animale.

Il “mistero” della “Chiave spezzata”.

A questo punto non sarà difficile intuire come la ricostruzione della chiave di un libero pensiero in un libero spirito passi attraverso il ricongiungimento di tutte le espressioni energetiche che compongono la coscienza dell’individuo.

Come viene tramandato nei catechismi esoterici: “la chiave si è spezzata e la parola è andata perduta”. Ma, a questo punto, interpretare queste parole non sarà più un azzardo. Soprattutto se, nel rispetto della migliore tradizione ermetica, cominceremo iniziando dalla fine .^.

In mancanza di una mente “luminosa” le idee d’ordine superiore (archetipi) appaiono oscure ed insondabili, per cui, di norma, si procede ad ipotizzarne i significati col risultato di falsarne contenuti e conclusioni.

In questa oscurità la “Parola sembra perduta” (il pensiero archetipo). Invece c’è, anche se non è ancora possibile né vederla, né utilizzarla in maniera profana.

Svelarla attraverso il linguaggio comune è stato per millenni l’arduo compito delle grandi guide spirituali, mentre il compito di conservarne e di trasmetterne il senso ri-velato (velato due volte) nei simboli è stato il compito dei grandi iniziati, che sono i veri Guardiani della Soglia che custodisce il Tempio della saggezza planetaria.

Ma sappiamo con certezza che l’dea primigenia è la Parola sacra dell’iniziatore, ch’egli trasmette col suo “sacrum facere”, illuminando prima la coscienza e poi la mente dell’iniziando.

La conclusione è ora a portata di mano, perché, come è stato insegnato, sappiamo che nessuna trasmissione è possibile: finché la chiave è ancora spezzata.

La chiave, dunque, è la spina dorsale e costituisce l’asse verticale di ogni individuo. E rimane “spezzata” finché, come s’evince dal Caduceo ermetico, non sia completata l’“Unione” tra tutti i gangli che forniscono la “spinta energetica” all’apertura di altrettante dimensioni di coscienza.

Conforta che anche su questo punto ci sia assonanza tra il sapere d’occidente e quello d’oriente.

Difatti, anche la tradizione iniziatica orientale riconosce questo “percorso interiore” ed ha redatto sette diverse filosofie yoga alla conoscenza dei sette maggiori chakras, il cui “risveglio” è la via evolutiva più breve per espandere la coscienza fisica.

L’asse individuale dell’essere umano corrisponde all’asse del mondo e molti “segni” degli Ordinamenti mistici e misteriosofici si accomunano, muovendosi  lungo l’asse verticale corrispondente alla spina dorsale. Un asse che, com’è noto, funziona come un’antenna di ricezione tra la “sfera energetica” individuale e lo spazio esterno che la circonda.

Molti segni ricordano la confluenza in un unico centro (è universale il segno della croce, che appare in ogni tempo e cultura) degli assi orizzontale e verticale (v. sephira Tiphereth e centro cardiaco).

Altri, invece, ricordano le interruzioni nella sua fluidità. Come, ad esempio, il taglio che fa all’altezza della gola il massone in grado d’Apprendista, o quello all’altezza della cintola ch’è il segno distintivo del 3° grado massonico. Sono tutti chiari segni d’interruzione “volontaria”, anche se solo simbolica, del flusso verticale.  Un flusso energetico che, a quello stadio, è ritenuto ancora spurio  e perciò indesiderabile.

Mentre il Segno di Compagno d’Arte è indubbiamente un gesto mistico, che ricorda solennemente l’unione (Ponte o Arco reale) tra “cuore e cielo” dell’iniziato (v. pontifex e l’Ars Pontificia della Massoneria Bianca).

Il “mistero” dei Sette Maestri Segreti.

La leggenda dei Maestri Segreti racconta della morte del Maestro Hiram, ucciso dall’iniquità di tre cattivi Compagni che poi ne nascosero il corpo sotterrandolo nella sabbia. Ma dalla terra (elemento terra) “germogliò” un ramoscello d’acacia (simbolo d’incorruttibilità) che permise ai Sette Maestri inviati sulle sue tracce di ritrovarlo.

Questa è la parte di catechismo che dovremo analizzare al fine di trovare le correlazioni con quanto detto finora. Per raggiungere lo scopo, però, bisogna trarre il significato esoterico separandolo dall’impianto exoterico della favola.

Secondo il metodo induttivo, per capire quanto non appare subito evidente, il ricercatore formula delle domande a cui dovrà poi rispondere. Penetrando, così, nei significati sotterranei della rappresentazione exoterica.

In questo caso, anche se il simbolismo offre di più, credo che rispondere a 5 domande sia sufficiente per aprire uno spiraglio sul tipo d’esoterismo che vela la facciata exoterica di questo, al pari di ogn’altro grado della Massoneria iniziatica.

1) Cosa rappresenta il Maestro Hiram.

2) Cosa rappresentano i 3 cattivi Compagni.

3) Cosa cercano i 7 Maestri segreti.

4) Cosa rappresentano i 7 Maestri segreti.

5) Di chi sono gl’inviati di questi 7 Maestri.

Primo: il M. Hiram rappresenta lo “spirito iniziatico” dei Costruttori di Templi, che conoscevano i Segreti dell’Arte di rappresentare il Principio-Dio in forme materiali.

Gli antichi Hierophanti erano i pontefici che costruivano i collegamenti col Divino celeste, consapevoli che le condizioni di terra e cielo, cioè di materia e spiritualità, erano nell’intimo d’ogni appartenente all’umanità e questo li rendeva simili (Figli) all’Uno divino.

Ecco il “mistero dei misteri” che noi andiamo conservando.

Altrove è scritto che ampliando il concetto legato a questa figura, Hiram è il Messia dei Pontefici.

Anch’egli, come ogni altra “figura guida”, nasce senza padre perché, nel codice del simbolismo spirituale, la Madre è la materia (vedova perché priva di Luce spirituale) del suo corpo mentre suo Padre è lo Spirito divino di cui egli è Figlio. Dunque ogni Iniziato è figlio della terra in quanto corpo ma anche Figlio del Divino in quanto Luce spirituale.

La figura ieratica del Maestro rappresenta lo spirito guida di coloro che conservano il “real segreto” che, rivelato (velato due volte) nella volta del Tempio, si riflette sul suo pavimento (v. Camera di Mezzo e Tempio circolare).

Secondo: nell’impianto exoterico, dei tre cattivi Compagni che uccisero il proprio Maestro viene enfatizzato soprattutto l’aspetto catechistico e morale che ne condanna l’orgoglio e la scelleratezza.

Questo mito, che non è frutto dell’immaginario popolare, è stato ideato per trasmettere concetti iniziatici. Per questo sarebbe errato trarre conclusioni da una lettura puramente letterale senza dubitare che vi siano risvolti inavvertibili ad una visione profana, nel qual caso dovremo partire ricordando che il Tempio che il Maestro Hiram stava costruendo è la rappresentazione (v: la Grande Opera: l’iniziato attraverso sé stesso sacralizza la materia planetaria) di un progetto che vede impegnato ogni iniziato: l’opera di levigatura (perfezionare) di una pietra (se stesso) del Tempio interiore. Costruire il Tempio, allora, per l’iniziato assume il significato di Edificare in terra la Spiritualità, restaurando la condizione di Adamo Kadmon.

Non potendo contare su lunghi preamboli e chiarimenti non ci resta che entrare direttamente nel merito dell’esoterismo di queste 3 figure.

Il Tempio simboleggia il progresso umano nella sua accezione spirituale piuttosto che in quella “tecnologica”. La figura di Hiram Habiff rappresenta lo Spirito iniziatico che “tende” a Edificare in terra l’aspetto divino (v. Età dell’Oro). I tre cattivi Compagni, che giungono a lui da direzioni diverse, raffigurano le Tre Ere (argento, ferro e piombo) della sua “caduta terrena”.

Se ne comprende meglio il significato considerando, dal punto di vista esoterico, i punti dove il “Maestro” viene colpito fino a provocarne la morte. I punti colpiti equivalgono ai tre “centri” maggiori dell’essere:

•         il centro del capo (l’intelligenza spirituale)

•         quello della gola (la creatività intellettuale)

•         ed il centro cardiaco (la saggezza dell’amore altruistico).

L’ostruzione di questi tre centri porta alla cecità interiore. La “tenebra” che oscura l’anima e rende l’essere incosciente della propria discendenza divina.

La “coscienza spirituale”, come disegnato dal percorso sephirotico,  è “sepolta” nella terra della componente fisica del proprio corpo materiale (Malkuth) ed il solo segno d’incorruttibilità è dato dalla “saggezza” che, nascosta nell’abisso (sephira Da’ath) di ogni coscienza individuale, deve essere ritrovata e fatta risorgere.

Ecco che tutto il percorso iniziatico serve proprio a produrre questo evento: la resurrezione dello spirito (Hiram) nell’animo di tutti coloro che ne giungono a conoscenza (la vera maestranza iniziatica), oltrepassando in vita il concetto della morte fisica (iniziazione a Maestro), superandola nell’aforisma: l’immortalità mi è nota.

Terzo: è detto che sette Maestri Segreti si muovono alla ricerca di Hiram.

Quarto: questo numero non nasce per caso, perché, i catechismi esoterici raccontano come un numero determinato d’iniziati o magi precorrano sempre un avvento di rilevanza spirituale.

Una costante è che il loro numero è sempre dispari: 3, 5, 7 o 9. Questo perché quei numeri, in realtà, non sono persone fisiche, come si vorrebbe far credere, ma rappresentano delle precise “triangolazioni” che debbono avvenire nel “corpus” coscienziale dell’iniziato prima che questi possa diventare un protagonista dell’evento.

Nel caso dei sette Maestri segreti, trattandosi della ricerca d’una rinascita interiore, è ragionevole l’ermeneutica esoterica che riconosce nei 7 Maestri i sette centri di coscienza trattati nel Caduceo ermetico.

Ecco la natura della loro segretezza. Trattandosi, infatti, di sette dimensioni di coscienza, non sono in alcun modo percettibili all’esterno se non come esito di una progressiva espansione di coscienza (illuminazione) che nell’individuo “svela” la rinascita spirituale di Hiram, Maestro e guida interiore dell’iniziato.

D’altronde è difficile considerare una semplice coincidenza il ricorrere di questo numero in tanti altri temi legati alla dimensione spirituale. Eccone alcuni esempi: 7 sono le note dell’Armonica celeste, come 7 sono i suoi colori e 7 i suoi aspetti energetici; 7 sono i pianeti sacri della volta celeste e 7 i pianeti della Menorah, 7 i nodi del Caduceo ermetico, 7 i centri energetici di questo pianeta e 7 sono i centri della fisiologia occulta dell’essere umano.

Quinto: è noto come ogni “spazio rituale” è speculare ad uno “spazio divino”, e come proprio da questa specularità nasca la sua sacralità, ovvero, il “sacrum facere”.

Per questo presupposto il riflesso soggettivo (mondano) di uno “spazio divino” deve essere considerato l’opposto di quella che è una realtà spirituale. Tant’è che il termine “speculare” indica proprio il riflettersi al contrario di una realtà oggettiva e a sé stante.

Lo “spazio rituale” concepito come campo d’azione dei Maestri segreti è retto da una parte da Salomone, che identifica la “saggezza”, e dall’altra da Adonai-Hiram.

Come è noto, Adonai è uno dei nomi exoterici, e perciò “pronunciabili”, di Yahwè, il Dio del popolo ebraico. Per effetto speculare potremmo giungere alla conclusione che Adonai (il divino Costruttore), attraverso la spiritualità (il Maestro Hiram), illumina di “saggezza” (Salomone) la via ai sette Maestri segreti (i 7 centri) che “vanno” alla Sua ricerca.

Questa versione offre una visione animista del grado, tanto che l’argomento, più che dirsi concluso, potrebbe aprirsi ad una dimensione ben maggiore rispetto ai presupposti iniziali, prendendo con decisione, la direzione di quel macrocosmo che tutti noi intimamente riflettiamo, e che è il presupposto dell’Ars Pontificia.

Athos A. Altomonte

COS’E’ LA MASSONERIA

Lo Scozzesismo !


        COS’E’ LA MASSONERIA


        * In casa è bontà.


        * In affari onorabilità.


        * In società é cortesia.


        * Nel lavoro è onestà.


        * Con gli infelici è compassione.


        * Contro l’ingiustizia è resistenza.


        * Per la debolezza è aiuto.


        * Davanti ai codici è lealtà.


        * Contro la falsità è smemoratezza.


        * Per i felici è compiacimento.


        * Per l’umanità è dedizione.


        * Con il prossimo è umiltà e tolleranza.


        * Al cospetto di Dio è Amore .'.


        J. W. Goethe


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La Pergamena di Chinon

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Le virtù cardinali e teologali riconosciute dalla tradizione cattolica sono 7.

Secondo la dottrina cattolica per «virtù» s’intende una disposizione abituale e ferma a fare il bene. Essa consente alla persona non soltanto di compiere atti buoni, ma di dare il meglio di sé. 



Quali e quante sono le virtù teologali e cardinali? 


Le virtù teologali sono tre e sono Fede, Speranza e Carità.  


Le virtù cardinali invece sono quattro e sono:  

Prudenza, Giustizia, Fortezza e Temperanza.


Le quattro virtù cardinali perché sono chiamate così? 



Le virtù cardinali sono: 

la Prudenza, la Giustizia, la Fortezza e la Temperanza

Sono chiamate virtù cardinali perché hanno una funzione di “cardine” (cioè di pilastro, di sostegno fondamentale) e tutte le altre si raggruppano attorno a esse. 

Sono le più importanti dell’agire umano. 

Sono anche denominate virtù umane principali. 

In particolare: 


la Prudenza è la virtù che dispone la ragione pratica a discernere in ogni circostanza il nostro vero bene e a scegliere i mezzi adeguati per compierlo. Grazie alla virtù della prudenza applichiamo i principi morali ai casi particolari senza sbagliare e superiamo i dubbi sul bene da compiere e sul male da evitare. La Giustizia è la virtù morale che consiste nella costante e ferma volontà di dare a Dio e al prossimo ciò che è a loro dovuto. 


La Giustizia verso gli uomini dispone a rispettare i diritti di ciascuno e a stabilire nelle relazioni umane l’armonia che promuove l’equità nei confronti delle persone e del bene comune. 


La Fortezza è la virtù morale che, nelle difficoltà, assicura la fermezza e la costanza, nella ricerca del bene. Essa rafforza le decisione di resistere alle tentazioni e di superare gli ostacoli nella vita morale. La virtù della fortezza rende capaci di vincere la paura, perfino della morte, e di affrontare le prove e le persecuzioni. Dà il coraggio di giungere fino alla rinuncia e al sacrificio della propria vita per difendere una giusta causa. 


La Temperanza è la virtù morale che modera l’attrattiva dei piaceri e rende capaci di equilibrio nell’uso dei beni creati. Essa assicura il dominio della volontà sugli istinti e mantiene i desideri entro i limiti dell’onestà.


Le 3 virtù teologali perché sono chiamate così? 


    Fede       -       Carità       -       Speranza


Le virtù teologali, Fede, Speranza e Carità, sono chiamate così perché riferite a Dio (Théos) e sono il risultato della presenza in ogni cristiano dello Spirito Santo, che agisce sulle facoltà e supplisce alle fragilità. 


In particolare: 


Per la Fede i cristiani credono in Dio e credono a tutto ciò che Egli ha rivelato loro e che la Chiesa propone di credere; 


per la Speranza il cristiano desidera e aspetta da Dio la vita eterna e la grazia per meritarla; 


per la Carità il cristiano ama Dio al di sopra di tutto e il proprio prossimo come se stesso per amore di Dio, secondo il comandamento di Gesù: 

Questo è il mio comandamento: 

che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati (Gv 15, 22). 


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Giuseppe Balsamo Conte di Cagliostro ?

Giuseppe Giovanni Battista Vincenzo Pietro Antonio Matteo Balsamo, due persone o forse lo stesso individuo, noto con il Nome di Alessandro, Conte di Cagliostro o più Semplicemente Cagliostro, avventuriero, esoterista e alchimista italiano. 

Data di Nascita :  2 giugno 1743, Palermo   

Data di Morte  :  26 agosto 1795, San Leo 


Mi soffermerei in particolare su quando, dopo le accuse e la prigionia, “Cagliostro” tenta di farsi concedere il perdono da Papa Pio VI. 

Stabilito che gli ordinari rituali massonici sono di per sé suscettibili dell'accusa di eresia, quelli della Massoneria Egizia di Cagliostro sono giudicati certamente eretici e a conferma di questo assunto, negli interrogatori “Cagliostro” viene trascinato in discussioni teologiche: l'ignoranza di “Cagliostro” intorno alle nozioni più elementari di catechismo finisce per aggravare, agli occhi dei giudici del Sant'Uffizio, la sua posizione. Consapevole della situazione disperata in cui si trova, il 14 dicembre 1790 “Cagliostro” scrive al Papa:


Papa Pio VI


« Beatissimo Padre, Giuseppe Balsamo, proteso ai piedi della S.V., reo di essere fondatore di una società massonica (senza però che sapesse che sì fatte società fossero proibite dalla Santa Sede) alla quale società diede una Costituzione non composta da lui, ma cavata da un libro manoscritto che gli venne alle mani in Inghilterra, sotto il nome di Giorgio Cofton, purgato da lui, come credette da tutto ciò che vi era di cattivo, e ben si persuadeva di averlo fatto quanto bastasse perché, data da leggere  la detta costituzione al cardinal di Rohan e all'arcivescovo di Bourges, non fu da essi avvertito che vi fosse dentro qualche cosa di male, ma fu soltanto dal secondo consigliato a levarvi le due quarantene per la rigenerazione fisica e morale come due inezie, delle quali due pratiche perciò non ne ha mai fatto uso. Ora, istruito dal P. Contarini che nella costituzione suddetta vi sono cose cattive e contrarie alla S. Fede Cattolica, da lui ritenuta mai sempre fermamente nel cuore, egli le detesta e si protesta disposto ad abiurarle tutte nella maniera che gli sarà imposta dal S. Tribunale, ed a subire quelle pene che merita il suo gravissimo fallo; e pentito di vero cuore ne domanda umilmente perdono al Signore e lo spera dalla sua infinita misericordia, benché se ne riconosca indegno. Indi, rivolto alla Paterna clemenza della Santità Vostra, implora con calde lagrime pietà solamente per l'anima sua, supplicandola di dar rimedio allo scandalo gravissimo da lui dato al Mondo, ancorché questo si debba fare con lo strazio più crudele e pubblico della sua persona. Della Santità Vostra indegnissimo figlio Giuseppe Balsamo peccatore pentito. » 


Il 7 aprile 1791 il Sant'Uffizio emise la sentenza:  


« Giuseppe Balsamo reo confesso e respettivamente convinto di più delitti, è incorso nelle censure e pene tutte promulgate contro gli eretici formali, dommatizzanti, eresiarchi, maestri e seguaci della magia superstiziosa, come pur nelle censure e pene stabilite tanto nelle Costituzioni Apostoliche di Clemente XII e Benedetto XIV contro quelli che in qualunque modo favoriscono e promuovono le società e conventicole de' Liberi Muratori, quanto nell'Editto di Segreteria di Stato contro quelli che di ciò si rendano debitori in Roma o in alcun luogo del Dominio Pontificio.

A titolo però di grazia speciale, gli si commuta la pena della consegna al braccio secolare nel carcere perpetuo in una qualche fortezza, ove dovrà essere strettamente custodito, senza speranza di grazia. E fatta da lui l'abjura come eretico formale nel luogo della sua attual detenzione, venga assoluto dalle censure, ingiungendogli le dovute salutari penitenze.

Il libro manoscritto che ha per titolo Maçonnerie Égyptienne sia solennemente condannato come contenente riti, proposizioni, dottrina e sistema che spiana una larga strada alla sedizione, ed è distruttivo della religion cristiana, superstizioso, blasfemo, empio ed ereticale. E questo libro stesso sia pubblicamente bruciato dal ministro di giustizia insieme cogl'istromenti appartenenti alla medesima setta. 


Con una nuova Costituzione Apostolica si confermeranno e rimuoveranno non meno le Costituzioni de' Pontefici Predecessori, quanto anche l'accennato Editto di Segreteria di Stato proibitivi delle Società e Conventicole de' Liberi Muratori, facendosi nominatamente menzione della Setta Egiziana, e dell'altra volgarmente chiamata degli Illuminati, con stabilirsi contro tutti le più gravi pene corporali e segnatamente quelle degli eretici contro chiunque o si ascriverà o presterà a favore di tali sette. »


Il cappuccino Francesco Giuseppe di San Maurizio è condannato a dieci anni, da scontare nel suo convento dell'Ara Coeli; Lorenza, la cui testimonianza è stata determinante per la condanna di Giuseppe Balsamo (forse Cagliostro) è assolta: rimase tuttavia per quindici anni nello stesso convento di Sant'Apollonia. Dal 1806 fu la portinaia del Collegio Germanico di piazza Sant'Apollinare, dove morì d'infarto  l'11 maggio 1810.

                                         

Ricerca di Giancarlo Bertollini  

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