I SUFI

Come sostiene Daniele Malandrino su “Riflessioni sull'Esoterismo”.  

Per esporre gli insegnamenti del Sufismo in modo completo, si dovrebbe esporre almeno un sommario della dottrina sufi ; comprendente la metafisica, ossia lo studio del principio e della natura delle cose; la cosmologia riguardante la struttura dell’Universo e degli stati molteplici dell’essere; la psicologia tradizionale, alla quale è unita una psicoterapia tra le più profonde; e infine l’escatologia, che riguarda lo scopo ultimo dell’Uomo e dell’Universo, nonché il divenire postumo dell’Uomo.

L’esposizione degli insegnamenti sufici dovrebbe inoltre includere una trattazione sui metodi spirituali, sulla loro applicazione e sul modo in cui prendono radici proprie nella sostanza dell’anima del discepolo.

Seyyed Hossein Nasr (1933- ?) 



Il Sufismo


Il Sufismo può essere considerato un tentativo di risolvere la dualità di fondo celata in ogni religione, ma che l’Islam - con l’enfasi che pone sul concetto di trascendenza divina - sottolinea particolarmente: creazione e Creatore, manifestato e non-manifestato.


A proposito: da dove viene il termine Sufismo ? 


Non si sa. C’è chi afferma che derivi da safa (purezza); chi dall’espressione saff (livello più alto); chi da Ahl alSuffa (espressione per designare i Compagni del Profeta, su di Lui la benedizione e la pace).

Per altri deriva dal termine suf, lana, che molti Ordini usavano per i loro abiti. Per altri ancora da safwa (eminenza). Comunque, nel mondo islamico, la parola per designare il Sufismo è Tasawwuf, derivato da suf. Lo si designa anche con il termine di Via dello Spirito (in arabo tariqa, plur. turuq; con questa parola vengono anche definite le varie scuole sufiche) - volendo significare una via che consente al credente di avvicinarsi a Dio più delle ordinarie pratiche religiose.

Il tratto che conferma l’appartenenza del Sufismo al mondo dell’esoterismo è rintracciabile nella necessità della trasmissione diretta, che deve essere conferita dal Maestro (o da un suo delegato) secondo appropriati riti.

Nel Sufismo, la figura del Maestro (sheikh, plur. shuiuk) è molto ingombrante. Viene considerato il rappresentante del Profeta, su di Lui la benedizione e la pace, e secondo l’insegnamento di Abu al Hasan Kharaqani (960-1033) la grazia di Dio si manifesta in lui senza alcuna ingerenza; quindi le sue prescrizioni non possono essere considerate alla stregua di opinioni individuali dalle quali il discepolo eventualmente può dissentire - sarebbe un sacrilegio.

Di qui la necessità (valida per tutti i cammini iniziatici, ma per il Sufismo in particolare) di scegliersi un Maestro di cui si sia ben sicuri, e con il quale esista un rapporto di compatibilità psicologica.

La funzione che definirei principale del Maestro è gestire il menù di impressioni tramite cui il discepolo si rapporta col mondo.

Nella vita profana, gli input sensoriali si affollano e si accavallano disordinatamente, rendendo molto difficile trarne una sintesi. 


Il Maestro Sufi ha il potere di correggere questa tendenza, fornendo al discepolo la chiave che gli consente di trarre dalle sue esperienze di ogni giorno una lezione superiore


Esistono a questo scopo diverse categorie di prescrizioni e strumenti (come ad esempio interessanti esercizi sulla respirazione); ma il principale è il Ricordo di Dio (dhikr), una formula che deve essere recitata dal discepolo un certo numero di volte al giorno - ad alta voce o mentalmente, da solo o in compagnia. Ogni tariqa si distingue per il suo specifico dhikr e il suo modo di recitarlo.

Gli stati dell’essere, progressivamente più elevati, che si possono raggiungere conformandosi agli insegnamenti del Maestro si chiamano maqamat. 


Il più elevato - quello che Guénon definì Uomo Universale, raggiunto solo da pochi Sufi nella storia - è detto in arabo classico alInsan alKamil


Questo stato è solo l’applicazione conseguente dell’unico dogma dell’Islam : Non c’è altro dio che Dio, e Muhammad (su di Lui la benedizione e la pace) è un profeta di Dio. Come attesta il Corano, è possibile all’Uomo l’esperienza assoluta di Dio, senza mediazioni di sorta.

Senza abbandonare il mondo della materia, i realizzati Sufi sono fuggiti da tutto ciò che non è Dio (Abu alHasan Nuri); vivono tra noi, ma si sono lasciati alle spalle i limiti dell’umana condizione.

Il Sufismo esiste da quasi un millennio e mezzo, e come si può immaginare è difficile elaborare, per un fenomeno di questa durata, una definizione omogenea.

Come ogni altra via iniziatica, sembra essere tutto e il contrario di tutto - per esempio, in certi tempi e luoghi fu stampella della politica, raggiungendo livelli di potere mondano che difficilmente altri rami dell’esoterismo hanno eguagliato; ma in altri fu l’incarnazione del dissenso dalla rigidità delle pratiche religiose, elaborando una prospettiva teologica libertaria e vivificante che (oggi non si direbbe) l’Islam conobbe molto prima del mondo cristiano.

Nell’Islam mediorientale e occidentale, allo spostamento del Sufismo verso destra (mi scuso per questa semplificazione - intendo dire: verso l’osservanza exoterica e il rigorismo) contribuì l’affermazione dei Wahabiti.

Si tratta del primo e più importante movimento fondamentalista moderno, formatosi nel corso del diciottesimo secolo, il cui Islam si stacca tanto dal Sunnismo che dallo Sciismo. 

Comunque, anche questa piccola e tutto sommato comprensibile debolezza di alcune persone, di voler ridurre l’uomo in schiavitù per mezzo del pensiero gerarchico (magari anche spiegandogli con la massima serietà che era libero nel Medioevo e quello che davvero lo ha ridotto in schiavitù è stato il progresso…) potremmo perdonarla, se non portasse inconvenienti davvero antipatici.

Per esempio, l’esoterismo tradizionale non contempla la possibilità che chi parla in favore della tradizione e contro il progresso possa essere un ruffiano a cui conviene farlo, ovvero un furbo all’italiana che vuole arrivare in Paradiso a forza di spintarelle, ecc. - o meglio: forse la contempla, ma suppone che agli occhi di Dio questi difetti siano più accettabili della presunzione dell’Uomo di pensare con la propria testa. Perché? Perché, ovviamente, la presunzione di pensare con la propria testa implica un senso di ribellione all’autorità, quindi  una maggiore separatività, quindi una minore qualificazione per il conseguimento degli stati spirituali… 


Ricerca di Giancarlo Bertollini

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