E POI E' INVERNO !

E POI È INVERNO 😘

Sai... il tempo ha un modo di muoversi velocemente e di coglierti di sorpresa con il passare degli anni. 

Sembra solo ieri che ero giovane, appena unito e avviandomi verso una nuova vita con la mia partner. 

Eppure, in un certo senso, sembra che sia passato un secolo, e mi chiedo dove siano finiti tutti quegli anni. 

So di averli vissuti tutti. Ho frammenti di come era allora e di tutti i miei sogni e speranze. 

Ma eccolo qui... l'inverno della mia vita, e mi coglie di sorpresa... 

Come ci sono arrivato così in fretta? 

Dove sono andati gli anni e dove è andata la mia giovinezza? 

Ricordo bene di aver visto persone anziane nel corso degli anni e di aver pensato che quelle persone anziane erano lontane anni luce da me e che l'inverno fosse così lontano che non riuscivo a immaginarlo o a comprenderlo completamente. Ma eccolo qui... i miei amici sono in pensione e, quelli che non se ne sono andati, stanno diventando grigi... si muovono più lentamente e ora vedo persone anziane. 

Alcuni sono in condizioni migliori e altri peggiori di me... ma vedo il grande cambiamento... 

Non come quelli che ricordo giovani e pieni di vita... ma, come me, la loro età inizia a mostrarsi e ora siamo quelle persone anziane che vedevamo e che non pensavamo saremmo mai stati. 

Ogni giorno ora, scoprire che farsi una doccia è un vero obiettivo per la giornata! E fare un pisolino non è più un piacere... è obbligatorio! Perché se non lo faccio di mia volontà... mi addormento semplicemente dove mi trovo! 

E così... ora entro in questa nuova stagione della mia vita impreparato per tutti i dolori e le perdite di forza e capacità di fare le cose che desideravo fare ma che non ho mai fatto! 

Ma, almeno so, che anche se l'inverno è arrivato e non so quanto durerà... so che quando sarà finito su questa terra... NON sarà finito. Inizierà una nuova avventura! 

Sì, ho rimpianti. Ci sono cose che avrei voluto non fare... cose che avrei dovuto fare, ma davvero, ci sono molte cose di cui sono felice di aver fatto. 

E tutto in una vita. 

Quindi, se non sei ancora nel tuo inverno... lascia che ti ricordi che arriverà più velocemente di quanto pensi, qualunque cosa tu desideri realizzare nella tua vita, fallo velocemente! Non rimandare le cose troppo a lungo! 

La vita passa velocemente, fai quello che puoi oggi, poiché non puoi mai essere sicuro se questo è il tuo inverno o no! 

Non hai la promessa di vedere tutte le stagioni della tua vita... quindi, vivi per oggi e dì tutte le cose che vuoi che i tuoi cari ricordino... e spera che ti apprezzino e ti amino per tutte le cose che hai fatto per loro negli anni passati! 

"La vita" è un dono per te. 

Il modo in cui vivi la tua vita è il tuo dono per coloro che vengono dopo di te. 

Rendilo fantastico. 

VIVI BENE! GODITI OGGI! 

FAI QUALCOSA DI DIVERTENTE! SII FELICE! 

PASSA UNA BELLA GIORNATA! 

RICORDA:... 

"La vera ricchezza è la salute e non pezzi d'oro e d'argento." 

VIVI FELICE QUEST'ANNO E OGNI ANNO! 

INFINE, CONSIDERA QUESTO: 

OGGI È IL GIORNO PIÙ VECCHIO CHE TU ABBIA MAI VISSUTO, MA ANCHE IL PIÙ GIOVANE CHE TU AVRAI MAI, QUINDI - GODITI QUESTO GIORNO FINCHÉ DURA. 

🌿🌿🌿 

P.S. 

Tutto sommato mi sono anche annoiato. 

Mi sono annoiato della teoria, di tutte quelle parole che non si traducono in azioni. 

La nostra vita è un riflesso di ciò che siamo, non di ciò che diciamo di essere. 

I nostri gesti quotidiani, il nostro lavoro, le nostre relazioni... tutto è un esempio concreto di ciò che abbiamo imparato e di come lo mettiamo in pratica. Ma finché si resta focalizzati sul collezionare conoscenza, l’unica cosa che facciamo è raccontare a noi stessi e al prossimo come si sta al mondo. E allora cosa vediamo? 

Vediamo persone che comunicano con supponenza, che guidano l’auto insultando chi le rallenta, che si arrabbiano col collega che sbaglia... Vediamo persone che parlano di cambiamento, ma che non lo mettono in pratica

Dobbiamo imparare a essere coerenti tra ciò che diciamo e ciò che facciamo. Solo allora potremo dire di aver veramente imparato qualcosa.

Mi sono annoiato della teoria, e spero che anche altri si possano annoiare di tutte quelle parole che non si traducono in azioni concrete. E spero in un impegno collettivo per trasformare le conoscenze acquisite fin qui in uno stile di vita autentico, con tutti i suoi tentativi, i suoi errori, i suoi casini, ma con un unico e bastevole strumento: 

L'ESEMPIO - L'ESEMPIO - L'ESEMPIO !!!

Volete capire il Mondo? 

la cultura, l'umanità, le guerre, le amicizie, le parentele, le associazioni, la sanità, i rapporti con le persone, le aziende, le organizzazioni, gli enti, la politica? Bene... 

Seguite il flusso del DENARO e capirete TUTTO ! 

Giancarlo Bertollini

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Derinkuyu - Agartha - Samballah - Misteri da Scoprire


Sebbene il complesso sotterraneo di Derinkuyu, situato in Cappadocia, Turchia, abbia guadagnato popolarità negli anni '70, quando il ricercatore e autore svizzero Erich Von Däniken lo rivelò al mondo attraverso "L'oro degli dei", Derinkuyu sollevava da tempo domande, soprattutto tra gli archeologi locali.

Fu scoperta per caso quando un uomo abbatté il muro del suo seminterrato. Quando gli archeologi arrivarono, rivelarono che la città era profonda 18 piani e aveva tutto il necessario per la vita sotterranea, comprese scuole, cappelle e persino stalle. 

Derinkuyu, la città sotterranea della Turchia, ha quasi 3.000 anni e un tempo ospitava 20.000 persone. 

Molto probabilmente Fuori, C'erano spesso condizioni metereologiche molto avverse, perciò le popolazioni, potrebbero aver cercato rifugio all'interno della montagna per poter sopravvivere. 

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Eraclito e la Scuola di Atene

Eraclito di Efeso

Filosofo greco (6º-5º sec. a. C.), soprannominato per il suo stile ὁ σκοτεινός ("l'oscuro, il tenebroso").

Autore dell'opera in prosa ionica Περί ϕύσεως ("Intorno alla natura"), che si riallaccia, almeno [...] contraddittoria.

Simile modo di argomentare può far capire come l'unità degli opposti sia il tema fondamentale della filosofia di Eraclito. Ciascuna realtà non può essere sé stessa se non opponendosi alle altre, in un'eterna guerra che è la madre.

Chi era Eraclito?

Eraclito di Efeso, filosofo greco pre-socratico, è noto per la sua concezione del mondo come un flusso continuo, un divenire incessante (panta rei). Per lui, ogni cosa è in perenne movimento, e la staticità è sinonimo di morte. Il fuoco è considerato il principio originario di tutte le cose, il principio di tutto il divenire. Eraclito enfatizza la necessità di seguire il logos, la ragione universale che governa l'universo, e la verità eterna e assoluta.

Il Divenire (Panta Rei):

Eraclito è ricordato come il filosofo del divenire, in quanto concepisce il mondo come un flusso costante, dove tutto è in movimento e nulla è statico. L'immagine del fiume è spesso usata per illustrare questo concetto, in quanto le acque sono sempre diverse, proprio come il mondo che è in continua evoluzione.

Il Fuoco come Arche (Principio Originario):

Eraclito identifica il fuoco come l'elemento fondamentale da cui tutto deriva e verso cui tutto ritorna. Il fuoco, per la sua natura mobile e dinamica, rappresenta il divenire per eccellenza.

Il Logos:

Eraclito sostiene che esiste una legge universale che governa il mondo, il logos, che è la ragione e la verità eterna. Egli invita a seguire il logos per comprendere la vera natura delle cose.

L'Interdipendenza degli Opposti:

Eraclito crede che la realtà sia unita e dinamica, con gli opposti che si interdipendono e si trasformano reciprocamente. La dialettica è fondamentale nel pensiero di Eraclito: la guerra, il conflitto e la contraddizione sono elementi costitutivi della realtà, e l'armonia nasce dall'equilibrio tra gli opposti.

La Verità e l'Opinione:

Eraclito distingue tra il logos, che è la verità oggettiva, e la doxa, che è l'opinione soggettiva e spesso errata. Egli invita a guardare oltre le apparenze e a cercare la verità profonda, che si trova nella ragione universale.

L'Eternità dell'Ordine Cosmico:

Eraclito sostiene che l'ordine del mondo è eterno e non creato da alcun dio o uomo. L'universo è in continuo movimento, ma segue una legge universale e necessaria.

 










Bibliografia:

Enciclopedia Treccani

Eraclito di Martin Heidegger - Eugen Fink:

L’inizio del pensiero occidentale - Logica. La dottrina eraclitea del Logos 











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SEZIONE AUREA E SUCCESSIONE DI FIBONACCI

Dalla Sezione Aurea alla successione di Fibonacci”.

Nel quadro di Magritte in copertina ritroviamo una tela che produce fedelmente il paesaggio incorniciato dalla finestra. E' solo una sottile linea bianca che ci fa riconoscere lo spessore del telaio su cui è montata la tela.Viene così tracciato un netto distacco tra il mondo dell'arte, la rappresentazione, e la realtà. 


Ma il compito dell'arte, a mio parere, è proprio quello di rappresentare l'irrappresentabile, l'assurdo, per permetterci di comprendere ed interpretare meglio la realtà. E' proprio l'arte, nella fattispecie della musica, che mi ha spinto ad affrontare un percorso alla ricerca di un ordine microscopico all'interno di strutture che macroscopicamente si presentano come caotiche; un percorso di discernimento e di selezione dell'unica voce la quale, in una massa indistinta di suoni e rumori, si presenta come la più armonica e la più coerente.
«Tra la lucidità e la follia c'è solo una sottile linea rossa » , scriveva Rudyard Kipling, e così chi sceglie di rimanere in bilico su quella sottile linea bianca del quadro ha la possibilità di contemplare la vita nelle sue molteplici forme e di osservare i ponti che talvolta si creano da una parte all'altra.

COS'E' LA SEZIONE AUREA

La Sezione Aurea è un ponte tra l'arte, la scienza e la religione: una semplice coincidenza o la prova di un ordine divino? 
La successione di Fibonacci e l'intuizione di Keplero

NUMERO AUREO FIBONACCI

Nel 2010 un esperimento compiuto dall'Helmotz-Zentrum di Berlino ha portato alla scoperta di una particolare simmetria nella materia allo stato solido a scale molto piccole, coinvolgendo anche la sezione aurea. Il niobato di cobalto, un materiale magnetico, è stato sottoposto ad un campo magnetico che trasforma la catena magnetica del campione in uno stato chiamato «critico quantistico». 

Tramite una sonda particolare, il dispersore di neutroni, i ricercatori hanno potuto «visualizzare» delle vibrazioni che si producevano in scala atomica; osservando che la catena atomica si comportava come una corda di chitarra a livello nanoscala. E' stata trovata così una serie di vibrazioni (note) risonanti, ossia una scala. 

Le prime due note hanno una frequenza nell'ordine di 1,618, ovvero il famoso Numero Aureo

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Riflessione sui Massoni e sugli "Iscritti alla Massoneria".

Come diceva Vilfredo Pareto 

tutto si riduce a due numeri 80 e 20

l'80% dei vostri clienti produce il 20% del fatturato, 

il 20% dei vostri clienti produce l'80% del fatturato. 

Mi permetto di aggiungere il mio pensiero: 

l'80% dei Fratelli sono iscritti alla Massoneria, 

il 20% dei Fratelli sono Massoni

(Ovviamente col termine Fratelli includo le Sorelle). 

Giancarlo Bertollini

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Ipazia di Alessandria

C’era una donna quindici secoli fa ad Alessandria d’Egitto, il cui nome era Ipazia

C’era una bellissima donna ad Alessandria d’Egitto la cui voce e la cui sapienza ancora oggi la nebbia del tempo non ha sbiadito. 

Il suo nome nella lingua greca evocava un’idea di eminenza, acume e suprema altezza. Glielo aveva dato suo padre Teone, celebre sapiente, che progettava per lei una carriera di studiosa. Essendo per natura più dotata del padre Ipazia non si fermò agli insegnamenti tecnico-matematici che lui praticava nella Scuola di Alessandria, ma si donò anima e corpo alla filosofia. 

L’educazione che ricevette convogliò in lei i principi fondamentali della gran parte delle altre scienze, facendone un prodigio. 

Di lei è indubbio che sia stata la terza caposcuola del neoplatonismo dopo Platone e Plotino. Contrariamente a quanto la dottrina più superficiale sostiene, è ragionevole sostenere che  il V secolo d.C. non si configurò come epoca di decadenza della cultura, al contrario. L’amore per la sapienza era più vivo che mai e le lezioni di Ipazia, docente nella Scuola di Alessandria - come suo padre prima di lei - erano viste come un luminoso esempio di cultura: gli amanti del sapere accorrevano dal mondo greco e romano per ascoltarla perpetuare la tradizione dell’antica scuola platonica. 

Questo è quanto ci dice su di lei Socrate Scolastico nella sua Storia Ecclesiastica. Inoltre, l’enciclopedista bizantino Suida riprende le parole di Damascio (biografo di Isidoro) che racconta: “pur essendo lei una donna indossava il tribon (il mantello grezzo dei predicatori cinici N.d.R.) e faceva le sue pubbliche apparizioni in città per spiegare a chiunque volesse ascoltarla chi fosse Aristotele o Platone o qualcun altro dei grandi filosofi”. 

Tuttavia è l’opera stessa di Teone e Ipazia e quel che ne conserva la tradizione a far ritenere che le lezioni di padre e figlia non impartissero solo il platonismo teoretico bensì il suo avviamento tecnico-matematico e astronomico. 

Ipazia scrisse, infatti, annotazioni scientifiche a opere classiche (non a Platone o ai neoplatonici ma alle Coniche di Apollonio di Perga - Apollonio era un matematico e astronomo greco diede alla parabola, iperbole ed ellittica i nomi con cui oggi sono chiamate -  e l’Algebra di Diofanto). 

A Ipazia si deve anche l’edizione di un testo di Tolomeo. 

Sul piano strettamente filosofico gli studiosi hanno dedotto che la figlia di Teone professasse un neoplatonismo di tipo primitivo, dove si stigmatizzava un’inclinazione orientaleggiante del neoplatonismo da un lato ma anche alla fisionomia ateniese: alla prima (all’inclinazione orientaleggiante N.d.R.) ci si opponeva con un certo razionalismo, alla seconda (al neoplatonismo polemicamente anticristiano della scuola ateniese) con una notevole neutralità verso il nascente cristianesimo. 

Questo profilo filosofico di Ipazia è avvalorato dalla circostanza storica che Sinesio (Vescovo di Cirene, quindi cristiano) non si sia mai discostato dagli insegnamenti filosofici della sua Maestra e che anzi li abbia coltivati con devozione, in conformità alla tradizione platonica che affonda le proprie radici nel rapporto maestro - allievo come tra Socrate e Platone.  Sinesio in armonia con gli insegnamenti di Ipazia sosterrà sempre che la filosofia - scienza delle scienze - è il mezzo con il quale l’uomo comunica tanto con i suoi simili quanto con Dio. 

Non dobbiamo, tuttavia, credere che vi fosse un’inclinazione di Ipazia per il cristianesimo. Non è neppure ortodosso attribuirle una “neutralità confessionale”  quanto invece una tolleranza verso la nascente cristianità. Tollerare non significa accreditare e tantomeno credere, bisogna distinguere bene tra tolleranza e consenso intellettuale: sembra, quindi che Ipazia e i suoi allievi non cristiani tollerassero i dogmi cristiani attraverso l’antica arte platonica della “nobile bugia” praticata dai sapienti. 

Un elemento che ho ritenuto di grande interesse è che al sodalizio di Sinesio e Ipazia vengano attribuite alcune “attività sotterranee” nell’ambito del platonismo. Sinesio era lo studioso della natura che aveva inventato uno strano modello di alambicco e fu anche autore di un trattato di alchimia. 

Egli nell’Epistola a Erculiano alluse ad un segreto iniziatico, chiaro indizio di insegnamento esoterico. Nel Dione (opera dedicata ad Ipazia), invece, sono certamente dissimulate “Dottrine inviolabili” (abebela dogmata). 

In quegli anni anche la matematica era messa all’indice come “scienza pericolosa” e l’unione del neoplatonismo con l’occultismo poteva costare la vita. 

Ipazia, come scrive il suo contemporaneo Filostorgio, divenne superiore al padre nell’arte dell’osservazione degli astri. 

E’ apparso evidente anche al maggior biografo di Sinesio che Ipazia dispensasse a una ristretta cerchia di studenti “una dottrina esoterica in margine ai programmi ufficiali” e probabilmente, in questa accezione - sempre riservata a pochi studenti scelti - l’insegnamento tecnico - astronomico di Ipazia nascondeva la vera materia delle lezioni magistrali della filosofa, vale a dire una rivelazione esoterica vera e propria.

L’astronomia, però, era molto più di una facciata. Uno dei segreti dell’esoterismo pagano era l’identificazione degli dei dell’olimpo politeista con i corpi celesti e le costellazioni e di qui la loro riconducibilità alle formule matematiche. Il linguaggio della matematica e dell’astronomia, praticato dagli ellenici e dai pitagorici aveva reso possibile la circolazione delle stesse dottrine e conoscenze ancestrali e delle stesse figure astrali (numeriche, divine) dal nucleo della sapienza caldea (sapienza babilonese N.d.R.)

Nel Discorso sul dono di Sinesio si legge: “L’astronomia è già di per sé una scienza più che degna, ma può servire forse ad ascendere a qualcosa di più alto, può essere l’ultima tappa, io credo, verso i misteri della teologia (…) poiché il corpo perfetto del cielo ha la materia sotto di sé e il suo moto è stato equiparato dai più noti filosofi all’attività dell’intelletto.”

Un contributo di Gemma Beretta nello studio della figura di Ipazia parte dai versi che Pallada le dedicò: “Verso il cielo è rivolto ogni tuo atto” ad indicare da un lato l’amore per l’astronomia e dall’altro la tensione filosofica. 

Nel tracciare una nuova mappa nel cielo Ipazia indicava sempre una traiettoria nuova - e insieme antichissima - con la quale gli uomini e le donne del suo tempo potessero imparare ad orientarsi sulla terra e dalla terra al cielo e dal cielo alla terra, di nuovo, senza interruzioni e senza la mediazione di alcun potere ecclesiastico. Ipazia insegnava ad entrare dentro di sé (nell’intelletto) guardando fuori la volta stellata, mostrando come procedere in questo cammino - decisamente iniziatico -  con il rigore proprio della geometria e dell’aritmetica che tenute insieme costituivano un canone di ricerca della verità. 

Ipazia era certamente anche una guida spirituale: la devozione che Sinesio le esprime nell’epistolario - tanto più singolare se consideriamo che le sue parole erano rivolte a una coetanea - si spiega solo supponendo un legame “sacro” tra loro, quasi sacerdotale. 

Questa di Ipazia di Alessandria era certamente una figura scomoda per il movimento antipagano germogliato in quegli anni e a cui aveva partecipato tutta la chiesa d’Egitto, in un clima di guerriglia civile e religiosa. Era nato il movimento monastico per sostenere il vescovo Teofilo prima e il nipote di questi Cirillo poi. Questi monaci erano un nugolo di uomini che conducevano una vita da porci e compivano apertamente crimini innominabili.

Cirillo, avido e ottuso, contraddisse col suo episcopato l’idea di tolleranza propugnata dall’editto di Costantino, così come le tendenze conciliatorie tra paganesimo e cristianesimo che l’imperatore aveva appoggiato politicamente e giuridicamente sancito. 

Il potere di Ipazia era però di altro tipo  sebbene altrettanto indiscusso fosse quello sociale e politico. Il tipo di Philosophia di Ipazia va incluso, prima che nella storia del pensiero in quella del rapporto, tanto pagano quanto cristiano, fra la donna e il sacro. 

In questa visione la sua importanza va collocata nella linea di successione di capi o gran maestri, esoterica, non segreta che stando alle testimonianze di Sinesio la vide alla guida della confraternita neoplatonica più importante della sua epoca. Fu un vero anello della catena di avvicendamento (diadoche) nella tradizione iniziatica neoplatonica. In poche parole si può sostenere  che questa linea sotterranea di platonismo intrisa di pitagorismo e sapienza zodiacale caldea continuerà il suo percorso per tutto il millennio bizantino anche con la contaminazione di intellettuali ecclesiastici come Bessarione. 

Ipazia, nella sua scuola di pensiero, contaminò attraverso la tolleranza la razionalità cristallina della filosofia platonica ateniese con la tradizione iniziatica ed esoterica mediorientale nata e sviluppatasi in terra d’Egitto. Sempre attraverso la tolleranza Ipazia incluse la compagine cristiana in quello che mi piace definire, personalmente, un apostolato iniziatico di sapienza. 

Questa forma di proto-massoneria rimase aperta soprattutto alle donne fino ai gradi più alti di iniziazione se non a posizioni di vertice come quello di Ipazia. Fu solo col suo passaggio a Occidente e il suo trasfondersi, attraverso il caposcuola Gemisto (detto Pletone nato nel 1355 a Costantinopoli), nelle accademie platoniche europee, che la componente femminile, fino ad allora vitale ed illustre, scomparve. 

Per concludere nel V secolo Ipazia Muore. E’ l’8 marzo 415 d.C. e Ipazia stava percorrendo la scalinata che l’avrebbe condotta, come ogni giorno, alla sua scuola. Venne raggiunta dagli uomini vestiti di nero del Vescovo Cirillo. Le strinsero le braccia e la portarono sul luogo del martirio. Ella non venne strappata da un trono ma da una cattedra. Venne scuoiata viva, smembrata e bruciata dalla bestia dell’oscurantismo che divorava il Patriarca di Alessandria (un prelato illustre ottenebrato solo dall’emulazione, dall’ambizione e dall’invidia). Cirillo venne persino dichiarato santo benché crudele e unico colpevole di questo efferato omicidio e di altre nefandezze inenarrabili. 

Ipazia muore, dicevamo, è vero. Tuttavia non scompare, passa la fiaccola, piuttosto. Infatti il nucleo intellettuale di cui è stata vista come l’ultima esponente è quello da cui germoglierà la più rigogliosa fioritura della cultura bizantina. Lì il paganesimo sopravvivrà non solo nel platonismo filosofico ma anche nel culto popolare cristiano dove all’antico olimpo politeista si sostituirà il martirologio. 

Ai fini dei nostri studi la figura di Ipazia e i suoi insegnamenti rappresentano un punto di grande interesse. Per la prima volta in Ipazia troviamo l’anello di congiuntura tra la filosofia greca e la tradizione esoterica mediorientale, egiziana, dalla quale Ipazia attinge nell’insegnamento dell’esoterismo ad una ristretta cerchia di discepoli, come abbiamo accennato prima. 

Ipazia è alla ricerca della sapienza ma anche di una via iniziatica, di un percorso intrapreso guardando la volta celeste e scavando nel proprio intelletto, nel proprio io. Lei lo fece come caposcuola, come studiosa, insegnate e come donna. 

A qualunque cosa Ipazia sia assomigliata di più, a una studiosa, a una sacerdotessa, a un’insegnante o a una colta aristocratica trasgressiva, che abbia davvero fatto innamorare i suoi allievi, che abbia o no - non è escluso - scoperto qualcosa di nuovo, non è fondamentale. 

Che l’insegnamento iniziatico che lei impartiva all’inquieta aristocrazia ellenica offrisse o no la rivelazione che a un livello alto della teologia platonica inglobava quella cristiana e che i dogmi improbabili di quest’ultima venissero tollerati attraverso l’arte platonica della “nobile bugia” non è importante. 

Ciò che davvero conta, a mio avviso, è imparare dal passato e ogni volta che nella storia si riproporrà il conflitto tra un Cirillo e un’Ipazia quel che veramente farà la differenza sarà stare sempre dalla parte di Ipazia


Bibliografia:  

- Da Ricerche sul WEB

- TRECCANI - Enciclopedia Italiana. 

- Lavori e Ricerche Storiche di Simona Teodori.  

- Augusto Franchetti, Roma al femminile - Laterza, Roma 1994.

- Silvia Ronchey, Ipazia La vera storia, ed. best BUR - Milano 2015. 

- Gemma Beretta,  Ipazia di Alessandria, Editori Riuniti - Roma 2014.

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GLDI: 1995-2007

1995: 

anno in cui fu eletto alla guida della Gran Loggia d'Italia il pisano Franco Franchi (1926-2002), medico endocrinologo e professore universitario.

La Gran Maestranza di Franchi fu caratterizzata da una nuova spinta verso il mondo esterno: si scelse collaboratori nuovi, giovani, che portarono una ventata di novità all'obbedienza. A Firenze, per esempio, si avvalse di un ispettore provinciale che, per primo, seppur con la dovuta riservatezza, aprì la storica sede di Borgo Pinti ai profani, con iniziative culturali e politiche, tanto che molti chiamarono quel periodo "la primavera fiorentina". Franchi promosse altresì dibattiti ed iniziative pubbliche, anche a livello internazionale, ed improntò la sua Gran Maestranza ad una più fitta rete di rapporti con le principali obbedienze europee ed extraeuropee.

Questa nuova rete di rapporti internazionali portò, il 4 dicembre 1998, all'ingresso della Gran Loggia d'Italia nel S.I.M.P.A. (Secretariat International Maçonnique des Puissances Adogmatiques, Segretariato internazionale delle potenze massoniche adogmatiche). Un'altra importante iniziativa di Franchi fu quella di limitare ad un massimo di due i mandati che ogni Gran Maestro poteva svolgere.

Alla Gran Maestranza di Franco Franchi si deve anche la nascita dell'Unione Massonica del Mediterraneo, fondata nel 2001, che vede la Gran Loggia d'Italia come coordinatore unico permanente, ed alla quale aderiscono il Grande Oriente di Francia, la Gran Loggia Simbolica di Spagna, il Grande Oriente di Grecia, l'Ordine Massonico Internazionale "Delphi", la Gran Loggia Centrale del Libano, la Gran Loggia dei Cedri, la Gran Loggia liberale di Turchia e la Gran Loggia del Marocco.

La Gran Maestranza Danesin

Sia sotto la illuminata guida del Sovrano Franco Franchi che del Sovrano Luigi Danesin, la cura dei Marchi, dei Domini e dei Siti venne affidata al Fratello Giancarlo Bertollini, inclusa la prima realizzazione del Sito della Gran Loggia d'Italia.

Nel dicembre del 2001 il veneziano Luigi Danesin fu eletto Sovrano Gran Commendatore e Gran Maestro, succedendo a Franco Franchi alla guida dell'Obbedienza di Piazza del Gesù.

Luigi Danesin è stato riconfermato per il suo secondo mandato fino alla fine del 2007. Durante la maestranza di Danesin, la Gran Loggia d'Italia ha celebrato il duecentesimo anniversario della fondazione del Supremo Consiglio d'Italia del Rito scozzese antico ed accettato e nel 2007 i duecento anni della nascita di Giuseppe Garibaldi, già Gran Maestro della Massoneria Italiana e membro del Supremo Consiglio. Grazie all'attività di raccordo e ai rapporti internazionali portati avanti dallo stesso Luigi Danesin, il 27 maggio 2007 è stata siglata la "Dichiarazione di Roma", con la quale 24 supremi consigli di Rito scozzese provenienti da tutto il mondo sanciscono una unità d'intenti sullo sviluppo della Massoneria Scozzese a livello internazionale.

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Nella città del Papa sorge il Museo Italiano della Massoneria. Articolo del 2013, col sentito augurio di vederlo finalmente curato ed aperto in maniera stabile. Un forte abbraccio.

Aprirà al pubblico nel 2013 e ospiterà anche la più grande collezione europea sull'antimassoneria di proprietà dell'obbedienza di Piazza del Gesù Palazzo Vitelleschi.

di GIACOMO GALEAZZI

Fonte Vatican Insider ROMA

A Roma sorgerà il «sancta sanctorum» dei grembiulini e dei compassi. E’ pronta per essere esposta la collezione di documenti e oggetti storici della Gran Loggia d’Italia che entro il 2013 aprirà al pubblico il primo museo italiano della massoneria. Tra le acquisizioni più preziose, uno dei primi decreti massonici intestato ad una donna e firmato da Giuseppe Garibaldi che nel 1867 a Pisa elevò al grado di Maestro Libero Muratore «la Sorella Luigia Candia, di soli 27 anni».

Il lavoro di catalogazione e organizzazione iniziato nel 2007 ha consentito di studiare e riportare alla luce centinaia di documenti e di oggetti di grande valore storico e archivistico che con l’apertura del Museo di Palazzo Vitelleschi saranno messi a disposizioni di studiosi e storici e di quanti vorranno scoprire e conoscere in maniera approfondita passato e presente della Massoneria Italiana. 

Tra i documenti catalogati, ci sono i ritratti di Giuseppe Mazzini autografi del periodo londinese e in età giovanile; il testo del Canto di guerra di Goffredo Mameli con note musicali inviato da Mazzini a Giuseppe Verdi; documenti del 1852 con firme autografe di Giuseppe Mazzini, Aurelio Saffi e Mattia Montecchi; le Lettere di Giovanni Giolitti (1907) per la commemorazione in Campidoglio di Giosuè Carducci; manifesti, decreti e notifiche riferibili alla Repubblica Romana 1849; lettere manoscritte di Albert Pike (1883) e Timoteo Riboli, amico e medico personale di Garibaldi; Editti antimassonici dei Savoia, Bolle e Regi Decreti antimassonici di Napoleone; paramenti di Loggia appartenuti a Ernesto Nathan, Gran Maestro e Sindaco di Roma insieme a Riviste originali di inizio '900 con articoli e vignette satiriche contro la massoneria. 

Tra gli oggetti più recenti, il giuramento massonico di Ugo Pratt, iniziato a Venezia nel 1976 insieme alla spada di Venerabile e ai suoi paramenti di Loggia. Diversi anche gli editti papali contro la massoneria; le Lettere Apostoliche di Papa Pio VII con le quali si condanna la società detta de’carbonari. Roma MDCCXXL, o quella di Leone XIII (1884). Sono 42 volumi contenenti 20414 "schede" di affiliati della Serenissima Gran Loggia d'Italia tra il 1916 e il 1925. Nell'insieme si tratta di materiale di notevole interesse per la storia della Gran Loggia d'Italia e della Massoneria italiana in particolare tra la Grande Guerra e l'avvento del regime del partito unico, sia per storia sociale e civile del Paese. Dai registri matricola si possono trarre alcune considerazioni. In primo luogo emerge che negli anni in questione la massoneria ebbe una vitalità straordinaria e balza evidente la forte compenetrazione tra la Massoneria e lo Stato;

In Loggia infatti affluiscono militari delle diverse Armi (Esercito, Marina, Guardia di Finanza, aviatori) anche di grado molto elevato; Magistrati e Prefetti, come Angelo Annaratone, prefetto di fiducia di Giovanni Giolitti); politici; scrittori e giornalisti; imprenditori, banchieri, dirigenti d'industria; apparati pubblici dello Stato e del parastato; professioni liberali; docenti e studenti universitari.

Ne emerge che negli anni documentati dai registri Matricola la Massoneria, e specialmente la Gran Loggia, era espressione della società civile. Essa risulta molto diffusa e radicata nelle regioni all'avanguardia nell'industrializzazione (Lombardia, Piemonte e Liguria) come anche nel Mezzogiorno (dalla Sicilia a Calabria e Campania) e nella Capitale.

Inoltre, le iniziazioni si moltiplicano alla vigilia e dopo l'avvento del governo Mussolini (settembre- dicembre 1922) e non diminuiscono affatto nel 1923 dopo i primi annunci di incompatibilità tra iscrizione al Partito nazionale fascista e affiliazione massonica (1923) ma anzi, registrano un significativo incremento nella primavera del 1924 segnato dalle elezioni politiche generali, poi dal rapimento e assassinio del deputato socialista Giacomo Matteotti e continuano anche nella prima metà del 1925, quando ormai incombevano sia la legge sull'appartenenza dei pubblici impiegati ad associazioni che comportò l'autoscioglimento delle Organizzazioni massoniche, sia assalti alle logge con dispersione di arredi e documenti. 

Tra i nomi illustri che si trovano nei Registri-matricola, quelli di Curzio Malaparte, (Curzio Suckert) che raggiunge il 33° grado il 28 maggio 1924; Italo Balbo; il Generale Giovanni Ameglio; Michele Terzaghi; il maresciallo d'Italia Ugo Cavallero; l'ammiraglio Luigi Mascherpa; il sindacalista Edmondo Rossoni, che ottiene il grado scozzesista supremo nel marzo 1924 e poi ancora Vittorio Valletta, stratega dalla Fiat insieme a nomi illustri del mondo della cultura e dello spettacolo quali Antonio de Curtis, in arte Totò, Gino Cervi e Paolo Stoppa.

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Vendetta, Giustizia e Banalità

La banalità del male di: Hannah Arendt 

Hannah Arendt nasce nel 1906 a Hannover da famiglia ebraica: ciò sarà fondamentale nella sua vita. 

Studia filosofia in diverse università con i più grandi maestri dell’epoca, tra cui anche Martin Heidegger, con il quale ebbe anche una relazione sentimentale intensa e sofferta, date le simpatie naziste del filosofo, che fu anche membro del Partito.

Questo amore resisterà anche alla totale diversità di scelte biografiche e culturali dei due, tant’è che dopo la guerra questa relazione durerà ancora.

La Arendt, costretta ad emigrare per le persecuzioni naziste, va prima in Francia e poi negli USA dove insegna presso diversi atenei, fino alla morte nel 1975

La banalità del male è una delle opere più importanti di Hannah Arendt. 

Il libro è stato scritto nel 1963 in seguito al processo contro il criminale nazista Adolf Eichmann, arrestato in Argentina nel 1960. Durante il processo, al quale prese parte in qualità di inviata speciale del “New Yorker”, Hannah Arendt si rese conto che l’uomo, privo di pensiero, si limitava a mettere in pratica gli ordini ricevuti.

Le cause dell’antisemitismo, dunque, sono state:

l’assenza di scrupoli di coscienza;

il meccanicismo nell’eseguire gli ordini.

Quando si verificano tali condizioni, l’uomo diventa capace delle più disumane atrocità. A causa di queste sue riflessioni, la Arendt è stata criticata ed additata dal mondo ebraico, al quale ella stessa apparteneva, per aver sottovalutato il fenomeno nazista.

La responsabilità di Eichmann, colpevole di aver destinato gli ebrei nei campi di concentramento, fu in qualche modo “tecnica”, ma non per questo meno grave. Tuttavia, interrogato nel corso del processo, l’ex gerarca afferma di aver esclusivamente eseguito degli ordini ricevuti, come se questo bastasse per scagionarlo.

La banalità del male, una breve analisi.

La motivazione che Hannah Arendt dà rispetto a questa mancata assunzione di responsabilità e di comprensione della gravità del fenomeno è che i crimini nazisti non sono stati dovuti tanto alla crudeltà dei loro carnefici, ma al fatto che i protagonisti delle atrocità verso gli ebrei si fossero in qualche modo “privati” di pensiero, pienamente inseriti all’interno del meccanismo nazista.

I nazisti, quindi, non sarebbero affatto incarnazioni degli aspetti più spregevoli dell’animo umano, ma banali individui inseriti all’interno di un meccanismo infernale. Il che comporta una pericolosa considerazione: chiunque, inserito nello stesso meccanismo, potrebbe agire nello stesso modo.

Infatti un buon padre di famiglia, un burocrate, o in generale una persona normale e banale può ritrovarsi a fare del male se inserito in un meccanismo politico–sociale o in un apparato poliziesco che lo spingono ad agire senza pensare.

Il nazismo aveva quindi tolto ai tedeschi la capacità di pensare, ovvero di giudicare le proprie azioni. I campi di concentramento non solo hanno distrutto fisicamente ma soprattutto hanno spogliato l’identità di essere uomini, svilendo alla radice la capacità di giudicare i propri atti.

In conclusione, Eichmann stesso non sarebbe altro che un uomo comune, superficiale e mediocre, incapace di pensare al valore morale dei propri atti. Dietro questa mediocrità, vi è la banalità del male, poiché sono individui banalmente comuni a poter compiere il male. Come Eichmann ce ne potrebbero essere altri milioni: il nazismo infatti non incarna il male in sé, ma il fatto di aver condotto uomini banali, a compiere del male atroce. Lo stesso, in una forma leggermente diversa, potrebbe anche essere applicato agli scienziati che hanno lavorato alla bomba atomica senza pensare alle sue conseguenze.

La comunità ebraica considerò molto negativamente lo scritto della Arendt, imputandole la responsabilità dell’assoluzione di Eichmann e una riduzione della responsabilità dei nazisti: nel saggio della Arendt infatti manca del tutto la dicotomia nazisti=demoni/ebrei=angeli presente fino a quel momento nell’immaginario collettivo postbellico.

Ecco alcune frasi tratte dal saggio di Hannah Arendt

* Hitler, disse, "avrà anche sbagliato su tutta la linea; ma una cosa è certa: fu un uomo capace di farsi strada e salire dal grado di caporale dell'esercito tedesco al rango di Führer di una nazione di quasi ottanta milioni di persone... Il suo successo bastò da solo a dimostrarmi che dovevo sottostargli". 

E in effetti la sua coscienza si tranquillizzò al vedere lo zelo con cui la "buona società" reagiva dappertutto allo stesso suo modo. 

* Egli non ebbe bisogno di "chiudere gli orecchi", come si espresse il verdetto, "per non ascoltare la voce della coscienza": non perché non avesse una coscienza, ma perché la sua coscienza gli parlava con una "voce rispettabile", la voce della rispettabile società che lo circondava.

L'Italia era uno dei pochi paesi d'Europa dove ogni misura antisemita era decisamente impopolare.

Quel che ora penso veramente è che il male non è mai "radicale", ma soltanto estremo, e che non possegga né profondità né una dimensione demoniaca. Esso può invadere e devastare il mondo intero, perché si espande sulla superficie come un fungo. Esso "sfida", come ho detto, il pensiero, perché il pensiero cerca di raggiungere la profondità, di andare alle radici, e nel momento in cui cerca il male, è frustrato perché non trova nulla. 

Questa è la sua "banalità". 

Solo il bene è profondo e può essere radicale

Adolf Eichmann, condannato a Norimberga per la Shoah, senza aver materialmnte mai ucciso nessuno, ma per aver semplicemente "ubbidito ad ordini ingiusti", e dunque pieno concorrente nell'orrore per aver dato contributo determinante, mediante ubbidienza all'ordine ingiusto e discriminatorio, come un burocrate tranquillo ed incolore, ossequiente e sottomesso ai vertici del Regime, dando così sostanza a quel che, osservandolo, fù definita "la banalità del male". 

L'ubbidienza acritica e prostrata è quel che il Cavaliere combatte "per la causa della civiltà contro la barbarie. Per... tutti coloro che sono nelle tenebre... Per la Libertà di pensiero... Per la causa... della lotta eterna contro l'ignoranza", è veleno che uccide l'intelligenza e le sue potenzialità di Luce e che altrettando guida o dovrebbe guidare il Supremo Tribunale.

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Ed in Massoneria

Davanti ad una Vendetta (quasi sempre rapida e frutto dell’ira di un singolo) come ci comportiamo? 

E la Giustizia? (sempre frutto di meditazione da parte di una commissione, e maturata nel tempo dal confronto di idee e regolamenti, nonostante questo a volte vediamo sentenze errate o peggio dettate dalla malafede). 

Ricordando sempre che vedere senza intervenire ci rende COMPLICI.

Gianmichele Galassi in un suo Saggio, sostanzialmente dice: 

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Vendetta e Giustizia.

L’argomento centrale che traccia la base del costrutto simbolico-iniziatico è certamente individuabile nella “vendetta”. 

Come al solito, nel IX grado il tema si dipana attraverso le vicissitudini del giovane Maestro Joabert, principale attore della vicenda che si propone di presentare, pulsioni, sentimenti, azioni e reazioni umane di fronte alla “vendetta”. Ancora una volta, lo psicodramma iniziatico presente nella cerimonia rituale del grado va solcando precise direzioni di intervento che debbono essere prima assimilate, poi ripercorse al fine di vincere la sfida personale per chiunque si trovi in tale situazione.

Il sentimento di Vendetta può, infatti, essere o divenire una pulsione incontenibile, alimentata da potenti forze vuoi dell’ira vuoi dalle altre legate alla disperazione derivante dall’incapacità o impotenza di porre rimedio all’accaduto; ecco la necessità del Supremo Tribunale del XXXI. 

Il racconto su Joabert apre su ulteriori possibili strade da battere per l’iniziato che sappia controllare i propri impulsi, anche i più forti: alla “vendetta” deve necessariamente sostituirsi la “Giustizia”, come sapientemente fa notare il Saggio Re Salomone con il suo esempio.

Il sangue genera sempre altro sangue, se nessuno ha coraggio e forza per spezzare la tragica catena. Infatti, il gesto di disobbedienza dettato dall’ira e cosparso dal sangue dell’assassino del Maestro Hiram, ha macchiato indissolubilmente le mani e la coscienza del giovane Maestro Joabert che da Uomo è divenuto egli stesso assassino, sostituendosi alla “vera Giustizia”.

Il rituale insegna che essere giustizieri violenti, guidati dalla vendetta ed accecati dall’ira, non rende molto diversi da coloro che hanno compiuto il primo delitto per altri scellerati motivi.

Come accennato, solo un atto di clemenza può arrestare un’escalation di sangue e vendetta, nel nostro caso la spirale di violenza è interrotta da Salomone che ferma il Cav. Stolkin pronto a colpire mortalmente il giovane Joabert, con queste sagge parole: 

“Insensato! Ed ora è la vostra volta di coprirvi di sangue? 

Non credete che uccidendo questo Uomo, altri faranno ciò che voi gli fate?”.

Conclusioni.

Colui che ha raggiunto un così elevato livello iniziatico ha in sé quelle qualità che gli permettono una lettura consona del rituale nei tratti più prettamente esoterici. Al tempo stesso, però, la vicenda insegna che pur possedendo la dignità di Maestri, come lo stesso Joabert, non siamo al riparo da scivolamenti o ricadute, sebbene ci si riferisca ad un contesto piuttosto particolare. Comprendiamo, quindi, ancora una volta che essere Maestri non è condizione sufficiente a rilassarsi, bensì ci viene ricordato e ribadito quanto la strada da percorrere per il nostro perfezionamento sia ancora lunga e ripida.

Detto ciò, il Cavaliere Eletto dei Nove, per completare il cammino nel grado, dovrebbe tentare di sommare, alle qualità e virtù richieste ad un Cavaliere, le capacità interpretative del simbolo e le caratteristiche di un Maestro Massone Speculativo; del resto dalla sua iniziazione a Maestro Segreto deve aver comunque compiuto i passi necessari alla propria elevazione nei gradi intermedi sebbene non praticati ritualmente. Tale status “spirituale-iniziatico” si rivelerà la conditio sine qua non per la comprensione esoterica dei successivi simbolici gradini che conducono alla soglia della dimensione filosofica rappresentata dal Principe Rosa+Croce, ultimo vero salto dimensionale dell’Universo iniziatico che dai “piccoli misteri” trascende ai “maggiori”. 

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E il Perdono

Chi sono io per perdonare? Perdonare chi? Perdonare cosa? 

Forse il torto che ritengo di aver subito me lo meritavo. Pensiamo a Jimmy Linch (dal quale il termine Linciaggio) che gettando una corda oltre il ramo di un albero procedeva all’impiccagione spacciandola per Giustizia. Pensiamo alle “Faide” purtroppo ancora esistenti in alcune zone, si uccide uno o più componenti di una famiglia per vendicare uno o più uccisi della propria. 

Ci sono casi dove gli assassini non ricordano più nemmeno come è iniziata ma continuano a perpetrare. 

Ho avuto la fortuna di poter girare quasi tutto il Mondo e, tra le cose che mi hanno colpito profondamente ce ne è una che voglio condividere con Voi. 

In una tribù nel Cuore dell’Africa ero seduto col gentilissimo Capo che mi ha offerto una bevanda fatta da loro (mi auguro di non doverla mai più bere) quando sono arrivati due giovani che litigavano (con famiglie al seguito) per chiedere giustizia e il Capo non si è schierato emettendo un giudizio ma ha chiamato tre anziani (dopo mi hanno spiegato che erano ufficialmente la loro Commissione dei Saggi) per farsi raccontare le due versioni della diatriba, poi si sono allontanati e dopo una ventina di minuti sono tornati emettendo la loro Sentenza di Giustizia. Ecco nessuno ha tentato di vendicare un torto ma hanno cercato GIUSTIZIA, dovere preciso del Supremo Tribunale.

Ora tentiamo di far funzionare il nostro Sistema di Giustizia e scaviamo oscure e profonde prigioni al Vizio e alla Vendetta. 

Vi abbraccio Tutti. 

                     Giancarlo Bertollini