Ecco le "Obbedienze Italiane" oltre alle maggiori GLDI (mista) e GOI (solo uomini)
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GNOSI, VERITA' E CONOSCENZA
Si fa un gran parlare del dovere restando però sul generico. Talvolta -è vero- si dice che abbiamo il dovere di cercare la verità, ma subito fra i Massoni nascono discussioni squisite sul concetto di verità; e poi quale verità? quella assoluta o quella relativa?
E così ce ne andiamo a casa contenti di aver esercitato le meningi e le corde vocali.
Ma il dovere dovrà pur avere una concretezza, uno scopo, un traguardo. Altrimenti resterebbe un parlar vano.
BREVE STORIA DEI SUMERI
Gli storici non sono sicuri di come i Sumeri arrivarono nell'area della Mesopotamia. Ad ogni modo, le prime tracce della città-stato di Uruk risalgono al 3500 a.C.
Rispetto all'Antico Egitto, i Sumeri non hanno mai avuto un vero e proprio stato organizzato: tutti i territori sotto il loro controllo erano organizzati in città-stato indipendenti. Ogni città-stato controllava un centro abitato e tutte le terre circostanti, oltre al tratto di fiume e ai canali nelle vicinanze.
Dal 4500 a.C. al 3500 a.C. sappiamo che i Sumeri si dedicarono a costruire le prime città stato, utilizzando mattoni di argilla essiccata al sole e canne.
Dal 3500 a.C. al 2900 a.C. le città si dotarono di mura ed ebbero una crescita notevole. In questo periodo le città-stato intrecciarono rapporti commerciali e vi furono le prime lotte tra loro.
La Regola dei Templari
Qui di seguito, riportiamo il testo integrale, tratto dall'originale latino, della Regola Primitiva dell'Ordine del Tempio, Regola alla quale ancora oggi vari Ordini si ispirano. Come si potrà constatare, la Regola è durissima, e su di essa venivano stilati i vari regolamenti interni delle Precettorie dell'Ordine, che potevano differire tra loro, se pur di poco. La Regola Primitiva è stata scritta, quasi certamente, da San Bernardo di Chiaravalle, il quel riprese come traccia la Regola Benedettina, forgiandola e rendendola ancora più dura e difficile da rispettare.
La Regola è composta da 72 articoli, di cui i primi 10
sono dedicati all'aspetto monacale guerriero dell'Ordine. La Regola ha subito
poi diverse integrazioni e modifiche, l'ultima delle quali apportata sotto il
pontificato di Bonifacio VIII. Questa edizione della Regola inizia con la
descrizione della presentazione al Concilio di Troyes nel 1118, con tutti i
nome dei padri conciliari presenti.
Regola dei Poveri Commilitoni di Cristo e del Tempio di Salomone.
"Il nostro (discorso) si dirige innanzitutto con fermezza a tutti coloro, che intendono rinunciare a seguire le proprie volontà, e desiderano con purezza di spirito militare per il sommo e vero Re, perché assumano l'armatura insigne dell'obbedienza, adempiendola con particolarissima cura, e la portino a perfezione con la perseveranza. Esortiamo dunque voi che fino a questo momento avete abbracciato la milizia secolare, nella quale Cristo non fu la causa, ma per solo umano favore, perché facciate parte di coloro che Dio ha eletto dalla massa di perdizione e per gratuita pietà riunì per la difesa della santa Chiesa, vi affrettiate ad associarvi perennemente. Ma innanzitutto, chiunque sei, o soldato di Cristo, che hai scelto tale santa conversazione, è necessario che usi una pura diligenza verso la tua professione e una ferma perseveranza; questa, che è conosciuta essere da Dio, tanto degna santa e sublime, meriterai di ottenere forte, tra i militanti, che diedero le loro anime per Cristo se con purezza e perseveranza sarà osservata. In questo è rifiorito e tornato a splendere l'ordine militare, che, abbandonato lo zelo per la giustizia, mirava a non difendere, come suo dovere, i poveri e le chiese, ma a spogliare, rubare e uccidere. Si vive bene dunque con noi, ai quali il Signore e Salvatore nostro Gesù Cristo inviò i suoi amici dalla santa città nelle terre di Francia e Borgogna, e non cessano per la nostra salvezza diffusione della vera fede di offrire le loro anime quale ostia gradita a Dio. Noi dunque con infinita gratitudine e fraterna pietà, convenuti, per le preghiere del maestro Ugo, nel quale la sopraddetta milizia ebbe inizio, per ispirazione dello Spirito Santo, dalle diverse zone della provincia ultramontana nella solennità di sant'Ilario, anno 1128 dell'incarnazione del Figlio di Dio, nono dall'inizio della sopraddetta milizia presso Troyes, sotto la guida di Dio, meritammo di ascoltare dalla bocca dello stesso maestro Ugone il modo e l'osservanza dell'ordine equestre secondo i singoli capitoli, e secondo la comprensione della nostra esigua scienza, ciò che a noi sembrava assurdo, e tutto ciò che nel presente concilio a noi non poteva essere a emoria riferito ho detto, non per leggerezza ma per saggezza affidammo per approvazione del comune capitolo in modo unanime alla provvidenza e alla discrezione del venerabile padre nostro Onorio, e dell'inclito patriarca di Gerusalemme Stefano, per sapienza necessità non ignari della religione orientale e neppure dei poveri commilitoni di Cristo benchè il massimo numero di padri religiosi presenti in quel concilio per divina ispirazione raccomandi l'autorità del nostro dettato, tuttavia non dobbiamo passare sotto silenzio i loro pareri e le vere sentenze, io Giovanni Michele, per ordine del concilio e del venerabile abate di Chiaravalle, al quale questo era affidato e dovuto, ho meritato per grazia divina di essere umile scrivano di questa pagina".
Nomi di padri presenti al concilio di Troyes.
Presente come primo fu il vescovo di Albano Matteo, legato per grazia di Dio dalla santa Chiesa di Roma, poi Rainaldo arcivescovo di Reims, terzo Enrico Arcivescovo di Sens, quindi i loro corepiscopi, Ranchedo vescovo di Carnotensis, Golseno Vescovo Soissons, il Vescovo di Parigi, il Vescovo di Troyes, il Presule di Orleansm il Vescovo di Auxerre, il Vescovo di Meaux, il Vescovo di Chalons, il Vescovo di Laon, il Vescovo di Beauvais, l'Abate di Vezzelay che non molto tempo dopo fu fatto Arcivescovo di Lione e legato della Santa Romana Chiesa, l'Abate cirstercense, l'Abate di Pontigny, l'Abate della Trois Fontain, l'Abate di S. Denise di Reims, l'Abate di S.Etienne di Dijon, l'Abate di Molesmes….., non mancò il soprannominato Abate Bernardo di Chiaravalle il cui parere i soprascritti spontaneamente approvavano, erano presenti anche il Maestro Alberico di Reims, e il Maestro Fulcherio e molti altri che sarebbe lungo enumerare, inoltre riguardo ai non elencati sembra giusto che siano messi in mezzo come amanti della verità. Il compagno Teobaldo, il compagno di Neverre e Andrea di Baundemant, così assistevano al concilio, con attentissima cura esaminavano ciò che era ottimo, temperavano ciò che a loro appariva assurdo. Lo stesso Maestro Ugo con i suoi discepoli espose ai soprannominati padri, secondo quanto ricordava, il modo e l'osservanza della esigua origine del suo ordine militare il quale prese inizio da colui che dice: "Io, il Principio, che a voi parlo",. Piacque al concilio che, esaminato diligentemente ivi il regolamento con l'aiuto e la correzione delle Scritture, nonché con il suggerimento del Papa dei Romani e del Patriarca dei Gerosolimitani, avuto pure l'assenso del capito dei poveri Cavalieri del Tempio, che è in Gerusalemme, fosse consegnato allo scritto, perché non fosse dimenticato, e indelebilmente fosse conservato: questo perché con retta via meritassero di pervenire degnamente al loro creatore, la cui dolcezza supera talmente il miele che a lui comparato è più amaro dell'assenzio, per il quale militano, e riposino dalla Milizia per gli infiniti secoli dei secoli.
Amen.
Inizia la Regola dei Poveri Commilitoni della
Santa Città.
Quale divino ufficio debbano udire.
Voi che rinunciate alla propria volontà, e tutti gli altri che per la salvezza della anime con coi militano per un certo tempo, con cavalli e armi per il sommo re, abbiate cura di udire con pio e puro desiderio nella sua totalità Matutini e l'Integro Servizio, secondo l'istituzione canonica e la consuetudine dei dottori regolari della Santa Città.
Soprattutto da voi, venerabili fratelli, è dovuto il sommo grado, poiché disprezzata la luce di questa vita, e superata la preoccupazione dei vostri corpi, avete promesso di disprezzare il mondo incalzante per amore di Dio per sempre: rifocillati e saziati dal divino cibo, istituiti e confermati dai precetti del Signore, dopo la consumazione del Divino Mistero nessuno tema la battaglia, ma sia preparato alla corona.
II
Dicano le preghiere del Signore, se non hanno potuto udire il servizio di Dio.
Inoltre se un fratello lontano per caso per un impegno della cristianità orientale (e questo più spesso non dubitiamo sia avvenuto) non potesse udire per tale assenza il servizio di Dio: per Matutini dica tredici orazioni del Signore e per le singole ore, sette; per i Vespri, riteniamo se ne debbano dire nove, e questo lo affermiamo unanimemente a libera voce: Questi infatti impegnati così in un lavoro di preservazione, non possono accorrere nell'ora opportuna al Divino Ufficio. Ma se fosse possibile, nell'ora stabilita non trascurino quanto dovuto per istituzione.
III
Che cosa fare per i fratelli defunti.
Quando uno dei fratelli professi sacrifica ciò che è impossibile strappare alla morte, che non risparmia nessuno, ciò che è impossibile strappare: ai cappellani e ai sacerdoti che con voi caritatevolmente e temporaneamente servono al Sommo Sacerdote comandiamo con carità di offrire per la sua anima a Cristo con purezza di spirito l'ufficio e la Messa solenne. I fratelli ivi presenti, che pernottano pregando per la salvezza del fratello defunto, dicano cento orazioni del Signore fino al settimo giorno per il fratello defunto: dal giorno in cui fu annunciata la morte del fratello, fino al predetto giorno, il numero centenario venga rispettato con fraterna osservanza nella sua integrità con divina e misericordiosa carità scongiuriamo, e con pastorale autorità, comandiamo, che ogni giorno, come al fratello si dava e si doveva nelle necessità così si dia ad un povero fino al quarantesimo giorno ciò che è necessario al sostentamento di questa vita, per quanto riguarda cibo e bevanda. Del tutto proibiamo ogni altra offerta, che nella morte dei fratelli, e nella solennità di Pasqua, inoltre nelle altre solennità, la spontanea povertà dei poveri commilitoni di Cristo era solita in modo esagerato dare al Signore.
IV
I cappellani abbiano soltanto vitto e vestito.
Comandiamo che per comune accordo del capitolo le altre offerte e tutte le altre specie di elemosine, in qualunque modo siano, vengano date con attenta cura ai cappellani o gli altri che restano temporaneamente. Perciò i servitori della Chiesa abbiano soltanto vitto e vestito secondo l'autorità, e non pretendano di avere nulla di più, tranne che i maestri spontaneamente e caritatevolmente abbiano dato.
V
I soldati temporanei defunti.
Vi sono tra di noi dei soldati che temporaneamente e misericordiosamente rimangono della casa di Dio, e Tempio di Salomone. Perciò con ineffabile supplica vi preghiamo, scongiuriamo, e anche con insistenza comandiamo, che nel frattanto la tremenda potestà avesse condotto qualcuno all'ultimo giorno, per amore di Dio, fraterna pietà, un povero abbia sette giorni di sostentamento per la sua anima.
VI
Nessun fratello professo faccia un'offerta
Abbiamo decretato, come più sopra fu detto, che nessuno dei fratelli professi presuma di trattare un'altra offerta: ma giorno e notte con cuore puro rimanga nella sua professione, perché sia in grado di eguagliare il più santo dei profeti in questo: prenderò il calice della salvezza, e nella mia morte imiterò la morte del Signore: poiché come Cristo diede la sua anima per me, così anche io sono pronto a dare l'anima per i fratelli,, ecco l'offerta giusta: ecco l'ostia viva gradita a Dio.
VII
Non esagerare nello stare in piedi.
Abbiamo sentito con le nostre orecchie un teste sincerissimo, che voi assistete al divino ufficio stando costantemente in piedi: questo non comandiamo anzi vituperiamo: comandiamo che finito il salmo, "Venite esultiamo al Signore" con l'invitatorio e l'inno, tutti siedano tanto i forti quanto ai deboli, per evitare scandalo. Voi che siete presenti, terminato ogni salmo, nel dire "Gloria al Padre", con atteggiamento supplice alzatevi dai vostri scanni verso gli altari, per riverenza alla Santa Trinità ivi nominata, e insegnammo ai deboli il modo di chinarsi. Così anche nella proclamazione del Vangelo, e al "Te Deum laudamus", e durante tutte le Lodi, finché finito "Benediciamo il Signore", cessiamo di stare in piedi, comandiamo anche che la stessa regola sia tenuta nei Matutini di S. Maria.
VIII
Il riunirsi per il pasto.
In un palazzo, ma sarebbe meglio dire refettorio, comunitariamente riteniamo che voi assumiate il cibo, dove, quando ci fosse una necessità, a causa della non conoscenza dei segni, sottovoce e privatamente è opportuno chiedere. Così in ogni momento le cose che vi sono necessario con ogni umiltà e soggezione di reverenza chiedete durante la mensa, poiché dice l'apostolo: Mangia il tuo pane in silenzio. E il Salmista vi deve animare, quando dice: Ho posto un freno alla mia bocca, cioè ho deciso dentro di me, perché non venissi meno nella lingua cioè custodivo la mia bocca perché non parlassi malamente.
IX
La lettura.
Nel pranzo e nella cena sempre si faccia una santa lettura. Se amiamo il signore, dobbiamo desiderare di ascoltare attentamente le sue parole salutifere e i suoi precetti. Il lettore vi intima il silenzio.
X
Uso della carne.
Nella settimana, se non vi cadono il Natale del Signore, o la Pasqua, o la festa di S. Maria, o di tutti i Santi, vi sia sufficiente mangiare tre volte la carne: l'abituale mangiare la carne va compresa quale grave corruzione del corpo. Se nel giorno di Marte cadesse il digiuno, per cui l'uso della carne è proibito, il giorno dopo sia dato a voi più abbondantemente. Nel giorno del Signore appare senza dubbio, opportuno dare due portate a tutti i soldati professi e ai cappellani in onore della Santa Resurrezione. Gli altri invece, cioè gli armigeri e gli aggregati, rimangono contenti di uno, ringraziando.
XI
Come debbono mangiare i soldati.
E' opportuno generalmente che mangino due per due, perché l'uno sollecitamente provveda all'altro, affinché la durezza della vita, o una furtiva astinenza non si mescoli in ogni pranzo. Questo giudichiamo giustamente, che ogni soldato o fratello abbia per sé solo una uguale ed equivalente misura di vino.
XII
Negli altri giorni siano sufficienti due o tre portate di legumi.
Negli altri giorni cioè nella seconda e quarta feria nonché il sabato, riteniamo che siano sufficienti per tutti due o tre portate di legumi o di altri cibi, o che si dica companatici cotti: e così comandiamo che ci si comporti, perché chi non possa mangiare dell'uno sia rifocillato dall'altro.
XIII
Con quale cibo è necessario cibarsi nella feria sesta.
Nella feria sesta riteniamo lodevole accontentarsi di prendere solamente un unico cibo quaresimale per riverenza alla passione, tenuto conto però della debolezza dei malati, a partire dalla festa dei santi fino a Pasqua, tranne che capiti il Natale del Signore o la festa di S. Maria o degli Apostoli. Negli altri tempi, se non accadesse un digiuno generale, si rifocillino due volte.
XIV
Dopo il pranzo sempre rendano grazie.
Dopo il pranzo e la cena sempre nella chiesa, se è vicina, o, se così non è, nello stesso luogo, come conviene, comandiamo che con cuore umiliato immediatamente rendano grazie al sommo procuratore nostro: che è Cristo: messi in disparte in pani interi, si comanda di distribuire come dovuto per fraterna carità ai servi o ai poveri i resti.
XV
Il decimo del pane sia sempre dato all'elemosiniere.
Benché il premio della povertà che è il regno dei cieli senza dubbio spetti ai poveri: a voi tuttavia, che la fede cristiano vi confessa indubitabilmente parte di quelli, comandiamo che il decimo di tutto il pane quotidianamente consegniate al vostro elemosiniere.
XVI
La colazione sia secondo il parere del maestro.
Quando il sole
abbandona la regione orientale e discende nel sonno, udito il segnale, come è
consuetudine di quella regione, è necessario che tutti voi vi rechiate a
Compieta, ma prima desideriamo che assumiate un convivio generale.
Questo convivio poniamo nella disposizione e nella discrezione del maestro, perché quando voglia sia composto di acqua; quando con benevolenza comanderà, di vino opportunamente diluito. Questo non è necessario che conduca a grande sazietà o avvenga nel lusso, ma si parco; infatti vediamo apostatare anche i sapienti.
XVII
Terminata la Compieta si conservi il silenzio.
Finita la Compieta è
necessario recarsi al giaciglio. Ai fratelli che escono da Compieta non venga
data licenza di parlare in pubblico, se non per una necessità impellente;
quanto sta per dire al suo scudiero sia detto sommessamente. Forse può capitare
che in tale intervallo per voi che uscite da Compieta, per grandissima
necessità di un affare militare, o dello stato della nostra casa, perché il
giorno non è stato sufficiente, sia necessario che lo stesso maestro parli con
una parte dei fratelli, oppure colui al quale è dovuto il comando della casa
come maestro. Così questo comandiamo che avvenga; poiché è scritto: Nel molto
parlare non sfuggirai al peccato. E altrove: La morte e la vita nelle mani
della lingua. In questo colloquio proibiamo la scurrilità, le parole inutili e
ciò che porta al riso: e a voi che vi recate a letto, se qualcuno ha detto
qualcosa di stolto, comandiamo di dire l'orazione del Signore con umiltà e
devota purezza.
XVIII
Gli stanchi non si alzino per i Matutini.
Non approviamo che i soldati stanchi si alzino per i Matutini, come è a voi evidente: ma con l'approvazione del maestro, o di colui al quale fu conferito dal maestro, riteniamo unanimemente che essi debbano riposare e cantare le tredici orazioni costituite, in modo che la loro mente concordi con la voce secondo quanto detto dal profeta: Salmeggiate al Signore con sapienza: e ancora: al cospetto degli angeli salmeggerò a te. Ma questo deve dipendere dal consiglio del maestro.
XIX
Sia conservata comunità di vitto tra i fratelli.
Si legge nella pagina Divina: Si divideva ai singoli, come era necessario per ciascuno. Perciò non diciamo che vi sia accezione di persone ma vi deve essere considerazione delle malattie. Quando uno ha meno bisogno, ringrazi Dio, e non si rattristi: colui che ha bisogno si umili per l'infermità, non si innalzi per la misericordia, e così tutte le membra saranno in pace. Ma questo proibiamo ché a nessuno sia lecito abbracciare una astinenza fuori posto, ma conducano una vita comune costantemente.
XX
Qualità e stile del vestito.
Comandiamo che i vestiti siano sempre di un unico colore, ad esempio bianchi, o neri, o, per così dire, bigi. A tutti i soldati professi in inverno e in estate, se è possibile, concediamo vesti bianche, cosicché coloro che avranno posposto una vita tenebrosa, riconoscano di doversi riconciliare con il loro Creatore, mediante una vita trasparente e bianca. Che cosa di bianco, se non l'integra castità? La castità è sicurezza della mente, e sanità del corpo. Infatti ogni militare, se non avrà preservato nella castità, non potrà raggiungere la pace perpetua e vedere Dio; come attesta l'apostolo San Paolo: Seguiamo la pace con tutti e la castità, senza cui nessuno vedrà il Signore. Ma perché una sia di questo stile deve essere privo della nota arroganza e del superfluo; comandiamo a tutti che abbiano tali cose affinché ciascuno da solo sia capace senza clamore di vestirsi e svestirsi, mettersi i calzari e levarseli. Il procuratore di questo ministero con vigile cura sia attento nell'evitare questo, coloro che ricevono abiti nuovi, restituiscano subito i vecchi, da riporre in camera, o dove il fratello ci spetta il compito avesse deciso, perché possano servire agli scudieri o agli aggregati, oppure ai poveri.
XXI
I servi non portino vesti bianche, cioè pallii.
Decisamente disapproviamo quanto era nella casa di Dio e del tempio dei suoi soldati, senza discrezione e decisione del comune capitolo, e comandiamo, che venga radicalmente eliminato quasi fosse un vizio proprio. I servi e gli scudieri portavano una volta vestiti bianchi, donde derivavano danni. Sorsero infatti in zone ultra montane alcuni falsi fratelli, sposati, ed altri, che dissero di appartenere al Tempio, mentre sono del mondo. Costoro procurarono tante ingiurie e tanti danni all'ordine militare, e gli aggregati presuntuosi come professi insuperbendo fecero nascere numerosi scandali. Portino quindi sempre vestiti neri: nel caso in cui questi non possano essere trovati, abbiano quelli che si possano trovare nella provincia in cui abitano, o quanto può essere avvicinato alla più semplice di un unico colore, cioè bigio.
XXII
I soldati professi portino solo vestiti bianchi.
A nessuno è concesso portare tuniche candide, o avere pallii bianchi, se non ai nominati soldati.
XXIII
Si usino solo pelli di agnelli.
Abbiamo deciso di comune accordo, che nessun fratello professo abbia pelli di lunga durata perenne o pelliccia o qualcosa di simile, e che serva al corpo, anche per coprirlo se non di agnelli o arieti.
XXIV
I vecchi vestiti siano dati agli scudieri.
Il procuratore o datore dei vestiti con ogni attenzione dia i vecchi abiti sempre agli scudieri e agli aggregati, e talvolta ai poveri, agendo con fedeltà ed equità.
XXV
Chi brama le cose migliori abbia le peggiori.
Se un fratello professo, o perché gli è dovuto o perché mosso da superbia volesse abiti belli o ottimi, meriterebbe per tale presunzione senza dubbio quelli più umili.
XXVI
Sia rispettata la qualità e la quantità dei vestiti.
E' necessario osservare la quantità secondo la grandezza dei corpi e la larghezza dei vestiti: colui che consegna gli abiti sia in questo attento.
XXVII
Colui che consegna i vestiti conservi innanzitutto l'uguaglianza.
Il procuratore con fraterno intuito consideri la lunghezza, come sopra fu detto, con la stessa attenzione, perché l'occhio dei sussurratori o dei calunniatori non presuma di notare alcunché: e in tutte queste cose, umilmente mediti la ricompensa di Dio.
XXVIII
L'inutilità dei capelli.
Tutti i fratelli, soprattutto i professi, è bene che portino capelli in modo che possano essere considerati regolari davanti e dietro e ordinati; e nella barba e nei baffi si osservi senza discussione la stessa regola, perché non si mostri o superficialità o il vizio della frivolezza.
XXIX
Circa gli speroni e le collane.
Chiaramente gli speroni e le collane sono una questione gentilizia. E poiché questo è riconosciuto abominevole da tutti, proibiamo e rifiutiamo l'autorizzazione a possederli, anzi vogliamo che non ci siano. A coloro che prestano servizio a tempo non permettiamo di avere né speroni, né collane, né capigliatura vanitosa, né esagerata lunghezza di vestiti, anzi del tutto proibiamo. A coloro che servono al sommo creatore è sommamente necessaria la mondezza interna ed esterna, come egli stesso attesta, dicendo: Siate mondi, perché Io sono mondo.
XXX
Numero dei cavalli e degli scudieri.
A ciascun soldato è lecito possedere tre cavalli, poiché l'insigne povertà della casa di Dio e del Tempio di Salomone non permette di aumentare oltre, se non per licenza del maestro.
XXXI
Nessuno ferisca uno scudiero che serve gratuitamente
Concediamo ai singoli militari per la stessa ragione un solo scudiero. Ma se gratuitamente e caritatevolmente quello scudiero appartiene a un soldato, a costui non è lecito flagellarlo, e neppure percuoterlo per qualsiasi colpa.
XXXII
In che modo siano ricevuti coloro che restano a tempo.
Comandiamo a tutti i soldati che desiderano servire a tempo a Gesù Cristo con purezza d'animo nella stessa casa, di comprare fedelmente cavalli idonei in questo impegno quotidiano, e armi e quanto è necessario. Abbiamo anche giudicato, tutto considerato, che sia cosa buona e utile valutare i cavalli. Si conservi perciò il prezzo per iscritto perché non venga dimenticato: quanto sarà necessario al soldato, o ai suoi cavalli, o allo scudiero, aggiunti i ferri dei cavalli secondo la facoltà della casa, sia acquistato dalla stessa casa con fraterna carità. Se frattanto il soldato per qualche evento perdesse i suoi cavalli in questo servizio; il maestro per quanto può la casa, ne procurerà altri. Al giungere del momento di rimpatriare, lo stesso soldato conceda la metà del prezzo per amore divino, e se a lui piace, riceva l'altra dalla comunità dei fratelli.
XXXIII
Nessuno agisca secondo la propria volontà.
E' conveniente a questi soldati, che stimano niente di più caro loro di Cristo, che per il servizio, secondo il quale sono professi, e per la gloria della somma beatitudine, o il timore della geenna, prestino continuamente obbedienza al maestro. Occorre quindi che immediatamente, se qualcosa sia stato comandato dal maestro, o da colui al quale è stato dato mandato dal maestro, senza indugio, come fosse divinamente comandato, nel fare non conoscano indugio. Di questi tali la stessa verità dice: Per l'ascolto dell'orecchio mi ha obbedito.
XXXIV
Se è lecito andare senza comando del maestro in un luogo isolato.
Scongiuriamo, e fermamente loro comandiamo, che i generosi soldati che hanno rinunciato alla propria volontà, e quanti sono aggregati, senza la licenza del maestro, o di colui cui fu conferito, di non permettersi di andare in un luogo isolato, eccetto di notte al sepolcro, in armi, e sorvegliare, poiché l'astuto nemico colpisce di giorno e di notte, o a quei luoghi che sono inclusi nelle mura della santa città.
XXXV
Se è lecito camminare da soli.
Coloro che viaggiano, non ardiscano iniziare un viaggio né di giorno né di notte, senza un custode, cioè un soldato o un fratello professo. Infatti dopo che furono ospitati nella milizia, nessun militare, o scudiero o altro, si permetta di andare per vedere negli atri degli altri militari, o per parlare con qualcuno, senza permesso, come fu detto sopra. Perciò affermiamo saggiamente, che in tale casa ordinata da Dio, nessuno secondo il suo possesso svolga il proprio servizio o riposi; ma secondo il comando del maestro ciascuno agisca così che imiti la sentenza del Signore, con cui ha detto: Non sono venuto a fare la mia volontà, ma di Colui che mi ha mandato.
XXXVI
Nessuno chieda singolarmente ciò che è a lui necessario.
Comandiamo, che sia scritta tra le altre come propria questa consuetudine e posta ogni attenzione confermiamo perché si eviti di cercare il vizio. Nessun fratello professo, deve chiedere che gli sia assegnato personalmente un cavallo o una cavalcatura o delle armi. In che modo? Se la sua malattia, o la debolezza dei sui cavalli, o la scarsezza delle sue armi, fosse riconosciuta tale, che avanzare così sia un danno comune: si rechi dal maestro, o da colui chi è dovuto il ministero dopo il maestro, e gli esponga la causa con sincerità e purezza: infatti la cosa va risolta nella decisione del maestro, o del suo procuratore.
XXXVII
I morsi e gli speroni.
Non vogliamo che mai oro o argento che sono ricchezze particolari appaiano nei morsi o nei pettorali, né gli speroni, o nei finimenti, né sia lecito ad alcun fratello professo acquistarli. Se per caso tali vecchi strumenti fossero stati dati in dono, l'oro o l'argento siano colorati in modo che il colore o il decoro non appaia arroganza in mezzo agli altri. Se fossero stati dati nuovi, il maestro faccia ciò che vuole di queste cose.
XXXVIII
Sulle aste e sugli scudi non venga posta una copertura.
Non si abbia una copertura sopra gli scudi e le aste, perché secondo noi questo non è proficuo, anzi dannoso.
XXXIX
L'autorizzazione del maestro.
Al maestro è lecito dare cavalli o armi a chiunque, o a chi ritiene opportuno qualunque altra cosa.
XL
Sacco e baule.
Non sono permessi sacco e baule con il lucchetto: così siano presentati, perché non si posseggano senza il permesso del maestro, o di colui a cui furono affidati i compiti della casa e i compiti in sua vece. Da questa norma sono esclusi i procuratori e coloro che abitano in provincie diverse, e neppure è inteso lo stesso maestro.
XLI
L'autorizzazione scritta.
In nessun modo a un fratello sia lecito ricevere, o dare, dai propri parenti, né qualsiasi uomo, né dall'uno all'altro, senza il permesso del maestro o del procuratore. Dopo che un fratello avrà avuto licenza, alla presenza del maestro, se così a lui piace, siano registrati. Nel caso che dai parenti sia indirizzato a lui qualcosa, non si permetta riceverla, se prima non è stato segnalato al maestro. In questa norma non sono inclusi il maestro e i procuratori della casa.
XLII
La confessione delle proprie colpe.
Poiché ogni parola oziosa si sa che genera il peccato, che cosa essi diranno ostentatamente riguardo alle proprie colpe davanti al severo giudice. Dice bene il profeta che se occorre astenersi dai buoni discorsi per il silenzio, quanto più occorre astenersi dalle cattive parole per la penda del peccato. Vietiamo quindi che un fratello professo osi ricordare con un suo fratello, o con qualcun altro, per meglio dire, le stoltezze, che nel secolo nel servizio militare compì in modo enorme, e i piaceri della carne con sciaguratissime donne, o qualsiasi altra cosa: e se per caso avesse sentito qualcuno che riferisce tali cose, lo faccia tacere, o appena può si allontani per obbedienza, e al venditore d'olio non offra il cuore.
XLIII
Questua e accettazione.
Se a un fratello fosse stata data qualcosa senza averla chiesta, la consegni al maestro o all'economo: se un altro suo amico o parente non volesse che fosse usata se non da lui, questa non riceva fino a quando abbia il permesso del maestro. Colui al quale sarà stata data la cosa, non dispiaccia che venga data ad un altro: sappia per certo, che se si arrabbiasse per questo, agisce contro Dio. Nella sopraddetta regola non sono contenuti gli amministratori ai quali in modo speciale è affidato e concesso il ministero riguardo al sacco e al baule.
XLIV
I sacchi per il cibo sui cavalli.
E' utile a tutti che questo ordine da noi stabilito sia rispettato senza eccezioni. Nessun fratello presuma di confezionare sacchi per il cibo di lino o di lana, preparati con troppa cura: non ne abbia se non di panno grezzo.
XLV
Nessuno osi cambiare o domandare.
Nessuno presuma di cambiare le sue cose, fratello con il fratello, senza l'autorizzazione del maestro, e chiedere qualcosa, se non fratello al fratello, purché la cosa sia piccola, vile, non grande.
XLVI
Nessuno catturi un uccello con un uccello, neppure proceda con il richiamo.
Noi giudichiamo con sentenza comune che nessuno osi catturare un uccello con un uccello. Non conviene infatti aderire alla religione conservando i piaceri mondani, ma ascoltare volentieri i comandamenti del Signore, frequentemente applicarsi alle preghiere, confessare a Dio i propri peccati con lacrime e gemito quotidianamente nella preghiera. Nessun fratello professo per questa causa principale presuma di accompagnarsi con un uomo che opera con il falco o con qualche altro uccello.
XLVII
Nessuno colpisca una fiera con l'arco o la balestra.
E' conveniente camminare in atteggiamento pio, con semplicità, senza ridere, umilmente, non pronunciando molte parole, ma ragionando, e non con voce troppo elevata. Specialmente imponiamo e comandiamo ad ogni fratello professo di non osare entrare in un bosco con arco o balestra o lanciare dardi: non vada con colui che fece tali cose se non per poterlo salvare da uno sciagurato pagano: né osi gridare con un cane né garrire; né spinga il suo cavallo per la bramosia di catturare la fiera.
XLVIII
Il leone sia sempre colpito.
Infatti è certo, che a voi fu specialmente affidato il compito di offrire la vita per i vostri fratelli, e eliminare dalla terra gli increduli, che sempre minacciano il Figlio della Vergine. Del leone questo leggiamo, perché egli circuisce cercando chi divorare, e le sue mani contro tutti, e le mani di tutti contro lui.
XLIX
Ascoltate il giudizio riguardo a quanto è chiesto su di voi.
Sappiamo che i persecutori della Santa Chiesa sono senza numero, e si affrettano incessantemente e sempre più crudelmente ad inquietare coloro che non amano le contese. In questo si tenga la sentenza del Concilio fatta con serena considerazione, che se qualcuno nelle parti della regione orientale, o in qualunque altro luogo chiedesse qualcosa su di voi, a voi comandiamo di ascoltare il giudizio emesso da giudici fedeli e amanti del vero; e ciò che sarà giusto, comandiamo che voi compiate senza esitazione.
L
In ogni cosa sia tenuta questa regola.
Questa stessa regola comandiamo che venga tenuta per sempre in tutte le cose che immeritatamente sono state a voli tolte.
LI
Quando è lecito a tutti i militari professi avere una terra e degli uomini.
Crediamo che per divina provvidenza nei santi luoghi prese inizio da voi questo genere nuovo di religione che cioè alla religione sia unita la milizia e così per la religione proceda armata mediante la milizia, o senza colpa colpisca il nemico. Giustamente quindi giudichiamo, poiché siamo chiamati soldati del Tempio che voi stessi per l'insigne e speciale merito di probità abbiate casa, terra, uomini, contadini e giustamente li governate: e a voi è dovuto in modo particolare quanto stabilito.
LII
Ai malati sia dedicata un'attenzione particolare.
Ai fratelli che stanno male occorre prestare una cura attentissima, come si servisse a Cristo in loro: il detto evangelico, sono stato infermo e mi visitaste sia attentamente ricordato. Costoro vanno sopportati pazientemente, perché mediante loro senza dubbio si acquista una retribuzione superiore.
LIII
Agli infermi sia sempre dato ciò che è necessario.
Agli assistenti degli infermi comandiamo con ogni osservanza e attenta cura, che quanto è necessario per le diverse malattie, fedelmente e diligentemente, secondo le possibilità della casa sia loro amministrato, ad esempio, carne e volatili ed altro, fino quando siano restituiti alla sanità.
LIV
Nessuno provochi l'altro all'ira.
Massima attenzione va posta perché qualcuno non presuma di provocare l'altro all'ira: infatti la somma clemenza della vicina divina fraternità congiunse tanto i poveri quanto i potenti.
LV
In che modo siano accolti i fratelli sposati.
Permettiamo a voi di accogliere i fratelli sposati in questo modo, se chiedono il beneficio e la partecipazione della vostra fraternità, entrambi concedano una parte della loro sostanza e quanto avessero ad acquistare lo diano all'unità del comune capitolo dopo la loro morte, e frattanto conducano una vita onesta, e si studino di agire bene verso i fratelli, ma non portino la veste candida e il mantello bianco. Se il marito fosse morto prima, lasci la sua parte ai fratelli: la moglie ricavi il sostegno della vita dall'altra parte. Consideriamo infatti questo ingiusto che fratelli di questo tipo risiedano nella stessa casa dei fratelli che hanno promesso la castità a Dio.
LVI
Non si abbiano più sorelle.
Riunire ancora sorelle è pericoloso: l'antico nemico a causa della compagnia femminile cacciò molti dalla retta via del paradiso. Perciò, fratelli carissimi, perché sempre tra voi sia visibile il fiore dell'integrità, non è lecito mantenere ancora questa consuetudine.
LVII
I fratelli del Tempio non abbiano parte con gli scomunicati.
Questo, fratelli è da evitare e da temere, che qualcuno dei soldati di Cristo in qualche modo si unisca ad una persona scomunicata singolarmente e pubblicamente, o presuma di ricevere le sue cose, perché la scomunica non sia simile al marantha (vieni Signore). Ma se fosse soltanto interdetto, non sarà fuori posto avere parte con lui, e ricevere caritatevolmente le sue cose.
LVIII
In che modo vanno ricevuti i soldati secolari.
Se un soldato dalla massa della perdizione, o un altro secolare, volendo rinunziare al mondo, volesse scegliere la nostra comunione e vita, non si dia a lui subito l'assenso, ma secondo la parola di Paolo, provate gli spiriti se sono da Dio così a lui sia concesso l'ingresso. Si legga dunque la Regola in sua presenza: e se costui ottempererà diligentemente ai comandi di questa esimia Regola, allora se al maestro e ai fratelli sarà piaciuto riceverlo, convocati i fratelli esponga con purezza d'animo a tutti il suo desiderio e la sua richiesta. In seguito il termine della prova dipenda in tutto dalla considerazione e dalla decisione del maestro, secondo l'onestà di vita del richiedente.
LIX
Non siano chiamati tutti i fratelli al consiglio privato.
Comandiamo che non sempre siano convocati al consiglio tutti i fratelli, ma solo quelli che il maestro avrà ritenuto idonei e provvidenziali per il consiglio. Quando volesse trattare le questioni maggiori, quale dare la terra comune, o discutere dell'Ordine stesso, o ricevere un fratello: allora è opportuno convocare tutta la congregazione, se così ritiene il maestro; udito il parere di tutto il capitolo, quanto di meglio e di più utile il maestro avrà ritenuto opportuno, questo si faccia.
LX
Devono pregare in silenzio.
Comandiamo con parere concorde che, come avrà richiesto la propensione dell'anima e del corpo, i fratelli preghino in piedi o seduti: tuttavia con massima riverenza con semplicità, senza chiasso, perché uno non disturbi l'altro.
XI
Ricevere la fede dei serventi.
Abbiamo saputo che molti da diverse province, tanto aggregati, quanto scudieri desiderano vincolarsi nella nostra casa a tempo con animo fervoroso per la salvezza delle anime. E' utile che riceviate la fede loro, affinché per caso l'antico nemico non intimi loro nel servizio di Dio alcunché furtivamente o indecentemente, o li distolga improvvisamente dal buon proposito.
LXII
I fanciulli, fin quando sono piccoli, non siano ricevuti tra i fratelli del Tempio.
Quantunque la Regola dei Santi Padri permetta di avere dei fanciulli in una congregazione, noi non riteniamo di dover caricare voi di tale peso. Chi volesse dare in perpetuo suo figlio, o un suo congiunto, nella religione militare: lo nutra fino agli anni, in cui virilmente con mano armata possa eliminare dalla Terra Santa i nemici di Cristo: in seguito secondo la Regola il padre o i genitori lo pongano in mezzo ai fratelli, e rendano nota la sua richiesta. E' meglio nella fanciullezza non giurare, piuttosto che diventato uomo ritirarsi in modo clamoroso.
LXIII
Sempre i vecchi siano venerati.
E' bene che i vecchi con pia considerazione, secondo la debolezza delle forze siano sopportati e diligentemente onorati: i nessun modo si usi severità in quanto la tolleranza è necessaria per il corpo, salva tuttavia l'autorità della Regola.
LXIV
I fratelli che partono per diverse province.
I fratelli che si incamminano per diverse province, per quanto lo permettano le forze, si impegnino a osservare la Regola nel cibo e nella bevanda e nelle altre cose, e vivano in modo irreprensibile, perché abbiano buona testimonianza da coloro che stanno fuori: non macchino il proposito di religione né con parola né con atto, ma soprattutto a coloro, con i quali si sono incontrati, offrano esempio e sostanza di sapienza e di buone opere. Colui presso il quale avranno deciso di alloggiare, abbia buona fama: e, se è possibile, la casa dell'ospite in quella notte non manchi della candela, affinché il nemico tenebroso non procuri la morte, Dio non voglia. Quando avranno sentito di riunire soldati non scomunicati, diciamo che colà devono andare non preoccupandosi di una utilità temporale, quanto piuttosto della salvezza eterna delle loro anime. Ai fratelli diretti nelle zone aldilà del mare con la speranza di essere trasportati, raccomandiamo di ricevere con questa convenzione coloro che avessero voluto unirsi in perpetuo all'Ordine militare: entrambi si presentino al Vescovo di quella provincia e il presule ascolti la volontà di colui che chiede. Ascoltata la richiesta, il fratello lo invii al maestro e ai fratelli che si trovano nel Tempio che è in Gerusalemme: e se la sua vita è onesta e degna di tale appartenenza, misericordiosamente sia accolto, se questo sembra bene al maestro e ai fratelli. Se nel frattempo morisse, a causa del lavoro e della fatica, come a un fratello, a lui sia riconosciuto tutto il beneficio e la fraternità dei poveri e dei commilitoni di Cristo.
LXV
A tutti sia distribuito in modo uguale il vitto.
Riteniamo anche che questo in modo congruo e ragionevole sia rispettato, che a tutti i fratelli professi sia dato cibo in eguale misura secondo la possibilità del luogo: non è infatti utile l'accezione delle persone, ma è necessario considerare le indisposizioni.
LXVI
I soldati abbiano le decime del Tempio.
Crediamo che avendo abbandonato le ricchezze a voi donate abbiate ad essere soggetti alla spontanea povertà, per cui in questo modo abbiamo dimostrato in quale modo spettino a voi che vivete in vita comune le decime. Se il Vescovo della chiesa, al quale è dovuta giustamente la decima, avrà voluto darla a voi caritatevolmente: deve dare a voi le decime che allora la Chiesa sembra possedere con il consenso del capitolo comune. Se un laico dovesse impossessarsi di essa (decima) o sottrarla dal suo patrimonio in modo condannabile, e confessando la propria colpa avrà voluto lasciare a voi la stessa: secondo la discrezione di colui che presiede questo può essere fatto, senza il consenso del capitolo.
LXVII
Le colpe leggere e gravi.
Se un fratello avrà sbagliato in modo lieve nel parlare, nell'agire o altrimenti, egli stesso confessi al maestro il suo peccato con l'impegno della soddisfazione. Per le cose lievi, se non esiste una consuetudine, ci sia una lieve penitenza. Nel caso in cui tacesse e la colpa fosse conosciuta attraverso un altro, sia sottoposto a una disciplina e ad una riparazione maggiore e più evidente.
Se la colpa sarà grave, si allontani dalla familiarità dei fratelli, né mangi con loro alla stessa mensa, ma da solo assuma il pasto. Il tutto dipenda dalla decisione e dall'indicazione del maestro, affinché sia salvo nel giorno del giudizio.
LXVIII
Per quale colpa il fratello non sia più accolto.
Soprattutto occorre provvedere che, nessun fratello, sia potente o impotente, forte o debole, voglia esaltarsi e poco a poco insuperbire, difendere la propria colpa, possa rimanere indisciplinato: ma, se non avrà voluto correggersi, a lui venga data una correzione più severa. Che se non avrà voluto correggersi con pie ammonizioni e per le preghiere a lui innalzate, ma si sarà innalzato sempre più nella superbia: allora secondo l'apostolo, sia sradicato dal pio gregge: togliete il male da voi: è necessario che la pecora malata sia allontanata dalla società dei fratelli fedeli. Inoltre il maestro che deve tenere in mano il bastone e la verga (cioè il bastone, con cui sostenga le debolezze delle altre forze, la verga con cui colpisca con lo zelo della rettitudine i vizi di coloro che vengono meno) con il consiglio del Patriarca e con una considerazione spirituale sul da farsi affinché, come dice il beato Massimo, la più libera clemenza non approvi l'arroganza del peccatore, né l'esagerata severità non richiami dall'errore chi sbaglia.
LXIX
Dalla solennità di Pasqua fino a Tutti i Santi si possa soltanto portare una camicia di lino.
Per il grande caldo della regione orientale, consideriamo compassionevolmente, che dalla festa di Pasqua fino alla solennità di Tutti i Santi, si dia a ciascuno una unica camicia di lino, non per il dovuto, ma per sola grazia, e questo dico per chi vorrà usufruire di essa. Negli altri tempi generalmente tutti portino camicie di lana.
LXX
Quanti e quali panni siano necessari nel letto.
Per coloro che dormono nei singoli letti riteniamo di comune consiglio, se non sopravviene qualche grave causa o necessità: ciascuno abbia biancheria secondo la discreta assegnazione del maestro: crediamo infatti che a ciascuno sia sufficiente un pagliericcio, un cuscino e una coperta. Colui che manca di uno di questi, prenda una stuoia, e in ogni tempo sarà lecito usufruire di una coperta di lino, cioè un panno: dormano vestiti con la camicia, e sempre dormano indossando gli stivali. Mentre i fratelli dormono, fino al mattino non manchi la lucerna.
LXXI
Va evitata la mormorazione.
Comandiamo a voi, per divino ammonimento di evitare, quasi peste da fuggire, le emulazioni, il livore, le mormorazioni, il sussurrare, le detrazioni. Si impegni ciascuno con animo vigile, a non incolpare o riprendere il suo fratello ma ricordi tra se la parola dell'apostolo: non essere un accusatore, né diffamatore del popolo. Quando qualcuno avrà conosciuto che un fratello ha peccato in qualcosa, in pace e fraterna pietà, secondo il precetto del Signore, lo corregga tra sé e lui solo: e se non lo avrà ascoltato prenda un altro fratello: ma se avrà disprezzato entrambi, in riunione davanti al capitolo tutto sia rimproverato. Soffrono di grave cecità, coloro che calunniano gli altri; sono di grande infelicità coloro che non si guardano dal livore: da qui sono immersi nell'antica iniquità dell'astuto nemico.
LXXII
Si evitino i baci di tutte le donne.
Riteniamo pericoloso
per ogni religioso fissare lungamente il volto delle donne: perciò un fratello
non osi baciare né una vedova, né una nubile, né la madre, né la sorella, né
un'amica, né nessuna altra donna. Fugga dunque la milizia di Cristo i baci
femminili, attraverso i quali gli uomini spesso sono in pericolo: così con
coscienza pura e vita libera può perennemente conversare al cospetto del Signore.
Bibliografia:
° Da Ricerche sul WEB
° TRECCANI - Enciclopedia Italiana
° Da Lavori del Fr Giancarlo Bertollini
° Tratto
da “I Templari di San Bernardo”
La Carta di Bologna (1248)
Il documento normativo più antico del mondo sulla massoneria operativa tardo medioevale.
Lo «Statuta et ordinamenta societatis magistrorum muri et lignamiis» - che noi, per semplicità e per immagine rappresentativa, abbiamo chiamato - Carta di Bologna 1248 e che così ormai viene anche da altri definita e perciò così qui continueremo a chiamarla - è stato redatto in latino in Bologna in data 8 agosto 1248 a cura di un notaio per disposizione del Podestà Bonifacii De Cario ed è conservato presso l'Archivio di Stato di Bologna.
Lo «Statura» del 1248 è redatto in un tornione pergamenaceo in carte non numerate - ora contrassegnate 1-3 di mm. 416 x 275 in vari tratti danneggiate dal tempo. Tale documento bolognese è rimasto ignorato dagli studiosi di storia della Massoneria, anche se era stato edito da A. Gaudenzi nel "Bollettino dell'Istituto storico Italiano" (n. 21 del 1899) contenente il saggio, Le Società delle Arti in Bologna. I loro statuti e le loro matricole, di rilevante interesse storiografico, sfuggito però ai cultori della storia della Massoneria.
La Carta di Bologna, integrata da documenti del 1254 e 1256, è stata riprodotta, con pregevoli saggi di commento e con fotografie, in un volume fuori commercio intitolato, Muratori in Bologna. Arte e società dalle origini al secolo XVIII, edito dal Collegio dei costruttori edili di Bologna nel 1981. Questo volume contiene pregevoli saggi di Diego Cuzzani, Franco Bernasconi, Claudio Comani, Edoardo Rosa, Giorgio Tomba. che però non rimarcano gli aspetti collegabili con la Massoneria «operativa».
Molta letteratura riporta le origini mitiche della Massoneria e noi da essa ci dissociamo, specialmente dalla letteratura c.d. «misteriosofica» che ricollega anche la Massoneria a miti, leggende, saghe per collegarla ad una c.d. Tradizione primordiale, trasmessa da una pretesa ininterrotta catena iniziatica ad opera di grandi iniziati o superiori occulti e che tende a dare anche alla Massoneria una spiegazione antroposofica ed elabora, con il tono delle certezze, leggende e miti di una Massoneria già esistente negli scomparsi continenti e nelle antichissime civiltà perdute. Noi non seguiamo tale indirizzo.
Non di meno prendiamo atto, sul piano storico, che anche negli antichi documenti massonici - come nel Poema Regius del 1390, nel Manoscritto di Cooke del 1430-40, ed altresì nelle Costituzioni di Anderson del 1723 e nei Rituali massonici vigenti vi è un richiamo ad origini mitiche della Massoneria - con Euclide in Egitto, con Re Salomone, con il maestro Hiram, con Vitruvio ecc. - ma, a nostro avviso, ciò ha più un valore simbolico di collegamento e come affermazione che nasce con l'uomo il desiderio di elevazione spirituale e che da quando l'uomo cominciò ad elevare Templi all'idea di un Essere Supremo Creatore iniziò il cammino dell'Umanità verso la Luce e quindi nacque una Massoneria, intesa come ricerca esoterica di perfezionamento interiore e di progresso dell'Umanità.
Al di là delle origini mitiche prospettate per la Massoneria e volendo restare nel campo della ricerca storiografica, ai limitati fini della nostra indagine - senza negare che siano esistite confraternite muratorie in Egitto, in Grecia, in Palestina, a Roma, presso gli Etruschi ed i Celti - il documento organico più antico sulla struttura di un'associazione libero muratoria «operativa» medioevale, fino ad ora, era ritenuto il c.d. Poema Regius datato 1390, riguardante le Costituzioni in vigore nelle Craft libero muratorie anglosassoni, nelle quali si fa riferimento ad una antecedente regolamentazione, non reperita, redatta sotto l'egida di Re Atelstano (o Altestano) da alcuni indicato attorno al 970-1000 dc., ma forse, più attendibilmente, attorno al 910-930.
La Carta di Bologna del 1248 rappresenta quindi il più antico documento normativo reperito, fino ad ora, nel mondo sulla libera muratoria operativa. Infatti precede di ben 142 anni il Poema Regius inglese (1390), di 182 (192) anni il Manoscritto di Cooke (1430-40), di 219 anni lo Statuto di Strasburgo riconosciuto al Convegno di Ratisbona del 1459 e che poi venne suffragato dall'Imperatore Massimiliano nel 1488, di 59 anni il Preambolo Veneziano dei Taiapiera (1307).
Lo studioso spagnolo José Antonio Ferrer Benimeli nel suo commento sulla Carta di Bologna del 1248 afferma:
«Tanto per l'aspetto giuridico, quanto per quello simbolico e rappresentativo, lo statuto di Bologna del 1248, ed il suo contorno, ci pone in contatto con una esperienza costruttiva che non era stata conosciuta e che interessa la moderna storiografia internazionale, soprattutto della Massoneria, perché lo situa, perla sua cronologia ed importanza, prima d'ora non conosciuta, all'altezza del manoscritto britannico Poema Regius, del quale è di molto anteriore, che prima d'ora era considerata l'opera più antica ed importante».
La Carta di Bologna ci appare inoltre importante perché ad essa si trae conferma su quanto asserito nel «Libro delle costituzioni» del 1723 di Anderson, in cui nella relazione al testo si precisa che esso fu redatto dopo «avere esami nato diverse copie avute dall'Italia, dalla Scozia e da diverse parti dell'Inghilterra» di antichi statuti e regolamenti della massoneria operativa e l'esame dello stesso «contenuto» della Carta di Bologna fa supporre che il suo testo abbia potuto essere fra quelli consultati da Anderson.
Nel nome del Padre e del Figliolo e dello Spirito Santo. Amen. Nell'anno del Signore 1248, sesto dell'indizione.
Questi sono gli Statuti e i Regolamenti della Società dei maestri del muro e del legno, istituita in onore di nostro Signore Gesù Cristo e della Beata Maria Vergine e di tutti i Santi e per l'onore e la prosperità della Città di Bologna e della Società dei maestri predetti, fatto salvo l'onore del Podestà e del Capitano che la governano ora e che ci saranno in futuro e fatti salvi tutti gli Statuti e i Regolamenti del Comune di Bologna, istituiti e da istituirsi. E che tutti gli Statuti sotto riportati abbiano vigore da oggi in avanti anno del Signore 1248, sesto dell'indizione, l'8 di Agosto.
I. Giuramento dei sopraddetti Maestri.
Io, maestro del muro e del legno, che sono o sarò sottoposto a quest'Arte dei maestri predetti per l'onore di nostro Signore Gesù Cristo e della Beata Maria Vergine e di tutti i Santi e per l'onore del Podestà e del Capitano che governano ora e che ci saranno in futuro e per l'onore e la prosperità della città di Bologna, giuro di sottomettermi e rispettare gli ordini del Podestà e del Capitano di Bologna, di rispettare e seguire tutti e i singoli ordini che mi verranno dal Massaro e dai Ministeriali della Società del legno e del muro o l'uno di loro per l'onore e la prosperità della Società stessa e di rispettare e conservare nella prosperità la detta società e i membri di essa e di osservare e rispettarne gli Statuti e i Regolamenti di detta Società sia come sono ora che come saranno in futuro, fatti salvi gli Statuti del Comune di Bologna, nell'obbligo cui sono tenuto al momento del mio accesso e sciolto al momento del mio distacco.
E se sarò chiamato al governo della Società io non rifiuterò, ma accetterò l'incarico e governerò e guiderò e proteggerò con lealtà la Società e i membri della Società.
E distribuirò equamente gli oneri tra i membri della Società secondo ciò che a me e al Consiglio dei maestri sembrerà essere conveniente.
E mi obbligherò e renderò obbligatorie le sanzioni comprese nello Statuto della Società e, quando non ci siamo, infliggerò un'ammenda secondo la volontà del Consiglio.
E tutte le ammende che infliggerò per qualsiasi azione, farò che siano scritte in un registro e le autenticherò e le consegnerò al Massaro della Società.
E detto Massaro sia tenuto nel termine previsto dallo Statuto e sotto pena di un'ammenda di venti soldi Bolognesi a mostrare e a consegnare al Massaro suo successore nell'Assemblea della Società, tutte le ammende, i beni o le garanzie della Società, gli Statuti e ciò che statuti non sono in corpo della Società e ogni cosa in mio possesso relativa ai beni della Società e tutti i documenti e gli atti relativi alla Società.
E gli Controllori dei Conti sono tenuti ad investigare su ciò e ad infliggere un'eventuale ammenda tramite l'Assemblea della Società, a meno che quello sia stato trattenuto per una decisione di tutto il Consiglio della Società, o della sua maggioranza, o per causa giusta.
E se io Ministeriale, e vorrò imporre una colletta per le spese della Società, ne esporrò in primo luogo la causa in Consiglio e in seguito essa sarà imposta secondo la decisione di tutto il Consiglio o della maggioranza.
II. Delle offese contro i Ministeriali e il Massaro.
Noi stabiliamo ed ordiniamo che se un membro della Società pronuncia delle offese contro i Ministeriali o il Massaro o contro il Notaio, oppure se li accusa di falso, questi sia punito con l'ammenda di dieci scudi Bolognesi.
III. Delle sanzioni a coloro che non si sono presentati alla convocazione nel luogo stabilito.
Noi stabiliamo ed ordiniamo che se un membro è convocato dai Ministeriali o dal Massaro o dal Nunzio a presentarsi nel luogo dove la Società si riunisce, questi sia tenuto a presentarsi ogni volta e per quante volte gli sarà comandato od ordinato sotto pena di un'ammenda di sei denari.
Noi stabiliamo ed ordiniamo che ciascuno sia tenuto a presentarsi nel luogo ove la Società si riunisce ogni volta e per quante volte ciò gli sarà comandato dai Ministeriali o dal Massaro o dal Nunzio sotto pena di un'ammenda di sei denari Bolognesi.
E anche se non informato, ciascuno sia tenuto a presentarsi la penultima domenica del mese, senza convocazione, in buona fede e senza inganno e frode.
E vi sia obbligato non soltanto per giuramento ma per sanzione e anche se non gli è stato ordinato.
E nel caso in cui si sia presentato nel luogo dell'adunanza e se ne sia andato senza autorizzazione del Massaro o dei Ministeriali egli paghi a titolo di ammenda dodici denari Bolognesi.
A meno che in entrambi i casi non abbia un impedimento o sia malato o fuori città o al servizio del Comune di Bologna, nei quali casi e anche in altri, può invocare a scusante il giuramento dell'obbligo di servizio. E se si sarà giustificato falsamente, abbia la pena di dodici denari.
IV. Dell'elezione dei Ministeriali e del Massaro e delle riunioni della Società.
Noi stabiliamo ed ordiniamo che la Società dei maestri del legno e del muro sia tenuta ad avere otto Ministeriali e soltanto due Massari, ovvero uno per ogni Arte della Società; ed essi devono essere ripartiti equamente nei quartieri, ed eletti secondo le liste «ad brevia» nell'Assemblea della Società, in modo che in ogni quartiere ci siano due Ministeriali, cioè uno per ogni arte.
E che i predetti Ministeriali e il Massaro restino in carica sei mesi e non di più.
E che siano obbligati a fare sì che la Società si riunisca in riunione e congregazione la seconda domenica del mese sotto pena di tre scudi Bolognesi di ammenda ogni volta che contravverranno, a meno che non ne siano impediti da un reale caso di forza maggiore.
Aggiungiamo che il figlio di un maestro della Società non debba né possa essere partecipe delle elezioni «ad brevia» se non ha almeno quattordici anni. E suo padre non sia obbligato ad immetterlo nella Società prima di questa età e il figlio stesso non sia accettato nella società prima del tempo stabilito.
E che nessuno prenda un Apprendista che abbia meno di dodici anni, sotto pena di un'ammenda di venti soldi e della nullità del contratto.
V. Del fatto che nessuno possa eleggere un figlio o un fratello.
Noi stabiliamo e ordiniamo che nessun votante possa eleggere come Ministeriale o Massaro chi gli sia fratello o figlio e che l'elezione a questi relativa sia senza valore.
VI. Del fatto che i maestri obbediscano ai Ministeriali e al Massaro.
Noi stabiliamo ed ordiniamo che se un maestro della Società deve ad un altro maestro una certa somma di denaro per causa di lavoro, oppure se un maestro ha una contestazione con un altro per causa di o dei maestri sopraddetti, i maestri che avranno tra loro la contestazione siano obbligati ad obbedire alle disposizioni che i Ministeriali dei maestri del muro e del legno avranno stabilito tra le parti in causa, sotto pena di un'ammenda di dieci soldi Bolognesi.
VII. Come e con quali modalità i maestri entrano a fare parte della Società e quanto debbano pagare per la loro entrata.
Noi stabiliamo ed ordiniamo che tutti i maestri che vorranno entrare a fare parte della Società dei maestri del muro e del legno paghino alla Società dieci soldi Bolognesi se essi sono della città o del contado di Bologna; e se non sono della città o del contado di Bologna paghino alla Società venti soldi Bolognesi.
E che i Ministeriali facciano con coscienza (buona fede) in modo che tutti i maestri che non fanno parte della Socìetà debbano entrarvi.
E che questa statuizione sia osservata e che per nessun modo e motivo sia esentato a meno che non sia deciso almeno da un decimo della Società, od a meno che quello non sia figlio di un maestro il quale può entrare a fare parte della Società senza alcuna cerimonia.
E che se il Massaro od un Ministeriale sosterrà nel Consiglio o nell'Assemblea della Società qualcuno che volesse risparmiare i dieci o venti soldi Bolognesi da pagare alla Società, sia punito per dieci soldi Bolognesi.
E che se qualcuno della Società nell'Assemblea o nel Consiglio, si alzerà per dire di qualcuno che dovrebbe essergli risparmiati i dieci o venti soldi Bolognesi da pagare alla Società, sia punito con cinque soldi Bolognesi.
E se un maestro ha un figlio o più figli che conoscono il mestiere, o che sia stato per due anni ad apprendere il mestiere, allora sia suo padre ad immetterlo nella Società di diritto e senza alcuna cerimonia dì entrata, col pagare egli stesso alla Società nella forma sopraddetta, sotto pena di un'ammenda di venti soldi. E una volta pagata l'ammenda nondimeno sia tenuto a fare entrare il figlio nella Società.
E che i Ministeriali ed il Massaro siano obbligati a raccogliere tutte le somme per coloro che sono entrati a fare parte della Società e i quattro denari dovuti per le messe e le sanzioni pronunciate durante il tempo della loro carica.
E che facciano giuramento nell'Assemblea.
E che il Massaro è obbligato a prendere dal maestro che è entrato a fare parte della Società una buona garanzia e che, nello spazio di un mese, dopo il suo ingresso, egli pagherà dieci soldi se è della Città o del Contado di Bologna come detto sopra, venti soldi Bolognesi se è di un altro distretto.
E che se il Massaro e i Ministeriali non raccoglieranno queste somme, essi siano tenuti a pagare in proprio alla Società ed a compensare in denaro ed in pegni in modo che la Società sia ben garantita, entro otto giorni della fine del mese.
E i Controllori dei Conti siano tenuti a controllare tutto ciò come detto sopra e nel caso che non sia stato rispettato, a pronunciare le sanzioni previste dallo Statuto della Società.
Aggiungiamo che chiunque entrerà a fare parte della Società pagherà come diritti di entrata venti soldi Bolognesi.
Noi l'ordiniamo per coloro che da oggi in poi si metteranno ad imparare l'Arte, e sia valido a partire da oggi 8 di marzo 1254, dodicesìmo dell'indizione.
Diciamo inoltre che coloro che non avranno avuto maestri [per apprendere l'Arte paghino tre libre Bolognesi come diritto di entrata.
VIII. Del fatto che nessun maestro debba nuocere ad un altro maestro nel lavoro.
Noi stabiliamo e ordiniamo che nessun maestro del muro e del legno debba nuocere ad un altro maestro della Società dei maestri, accettando un lavoro a prezzo prefissato, dopo che esso sia stato assicurato a un altro e siglato col palmo della mano o dopo che l'altro l'abbia ottenuto in qualsivoglia mezzo o modo. Eccetto il caso che un maestro sia sopravvenuto prima che il lavoro sia stato assicurato all'altro e siglato col palmo di mano e se quello ne chiederà una parte, egli sia obbligato a darla se quello la vorrà.
Se invece già c'è stato accordo su quel lavoro, l'uno non sia obbligato a darne una parte se non vorrà.
E chi contravverrà paghi un'ammenda di tre libre Bolognesi ogni volta che contravverrà. E i Ministeriali siano tenuti ad imporre le ammende previste dallo Statuto, entro un mese dalla certezza ed evidenza dell'infrazione, fatti salvi gli Statuti e gli Ordinamenti del Comune di Bologna. E che le ammende e le sanzioni giungano all'amministrazione (della Società e siano conservate.
IX. Del conto che il Massaro deve rendere e dell'incarico che deve svolgere.
Noi stabiliamo ed ordiniamo che il Massaro della Società dia conto del suo operato entro un mese dall'avere lasciato il suo incarico ai Controllori dei Conti a meno che sia esentato dai Ministeriali nuovi e dal Consiglio della Società o che egli ne sia impedito per volontà di Dio.
E il detto Massaro sia tenuto a dare rendiconto di tutte le entrate e delle spese sostenute e stabilite in quel periodo.
E che tutti i maestri che in quel periodo saranno entrati a fare parte della Società, siano da lui riportati su un quaderno allo scopo di sapere se hanno pagato o non.
E ordiniamo che tutte le scritture debbano rimanere nelle mani del Massaro.
E che il Massaro sia tenuto a consegnare e trasmettere per iscritto al Massaro suo successore, durante l'Assemblea della società, tutte le scritture riguardanti la Società e tutto ciò che egli possieda relativo ai beni della Società, affinché il patrimonio della Società non possa in alcun modo essere alienato.
E se il Massaro con frode avrà omesso e non osservato quanto detto, sia punito conventi soldi Bolognesi.
E se avrà trattenuto con frode degli utili della Società che egli li restituisca al doppio alla Società.
Che inoltre il Massaro uscente, alla fine del suo mandato, sia tenuto a consegnare al nuovo Massaro tutti i beni della Società, sia le scritture relativa alla Società che il denaro della stessa entro la prima o la seconda domenica del mese. E che il nuovo Massaro non debba prorogare il termine al Massaro uscente, oltre il quindicesimo giorno. E che quest'ordine sia irrevocabile. E se qualcuno dei Massari avrà derogato, sia punito con venti soldi Bolognesi da pagarsi alla Società.
X. Dell'elezione degli Controllori dei Conti.
Noi stabiliamo ed ordiniamo che i Controllori dei Conti siano eletti insieme ai Ministeriali e che siano due, cioè uno per ogni Arte.
E che questi Controllori siano tenuti a controllare il Massaro e i Ministeriali che governano insieme al Massaro. E che se scopriranno che il Massaro e i Ministeriali hanno mancato al loro compito o hanno commesso frode o dolo, li condannino alla restituzione del doppio del valore trovato in loro possesso e inoltre li condannino a restituire in semplice la rendita ricevuta. E che siano tenuti ad agire in questo modo e a controllare e a condannare o ad assolvere entro un mese dal decadere dell'incarico del Massaro e dei Ministeriali. E sia che abbiano condannato o assolto, che sia fatto, per iscritto relazione nell'Assemblea della Società. E se i Controllori avranno derogato e non avranno osservato questi ordini, che ciascuno di essi sia punito con dieci soldi ed espulso, salvo che egli ne sia impedito dalla volontà di Dio o che ne abbia avuto licenza dai Ministeriali e dal Consiglio della Società.
XI. Della trascrizione dei rinnovi dei Consiglio.
Affinché mai nessuna contestazione sia sollevata tra i soci, noi ordiniamo che tutti i rinnovi della Società dei maestri del muro e del legno o del Consiglio della Società, siano trascritti su un quaderno speciale e che il Massaro e i Ministeriali ne siano obbligati sotto pena di un'ammenda di cinque scudi Bolognesi.
XII. Della trascrizione dei rinnovi dei Consiglio.
Noi stabiliamo ed ordiniamo che il Massaro e i Ministeriali della Società siano tenuti a rendere conto una sola volta di tutte le entrate e le spese. E che dopo che essi saranno stati controllati una volta riguardo ai conti che dovevano presentare, essi non siano più tenuti a rendere conto, a meno che essi non siano stati denunciati o accusati di avere commesso dolo o frode o d'avere conservato illegalmente presso di sé denaro comune o della Società, nel qual caso chiunque voglia accusarli deve essere ascoltato. E che coloro che sono stati controllati una volta, non debbano esserlo più. E che questa disposizione si applichi tanto per il passato che per il futuro.
XIII. Degli ordini che devono essere dati dai Ministeriali e dal Massaro.
Noi stabiliamo ed ordiniamo che tutti gli ordini che i Ministeriali o il Massaro, o l'un o l'altro di essi daranno riguardo al danaro ed altre cose relative al mestiere che un maestro deve dare o fare per un altro maestro siano stabilite e ordinate entro dieci giorni. E che se il maestro al quale è stato dato un ordine non lo avrà eseguito entro dieci giorni, i Ministeriali e il Massaro siano tenuti entro cinque giorni dopo quei dieci, a procurare al creditore un pegno sui beni del suo debitore affinché egli sia completamente risarcito di ciò che gli spetta e delle spese. E che quello sia punito con cinque soldi Bolognesi se i Ministeriali lo riterranno opportuno. E che questo sia irrevocabile. E se colui che deve del denaro a un altro maestro o a qualunque altra persona, se dopo essere stato convocato o citato dai Ministeriali o da uno o più Nunzi della Società non si sia presentato innanzi ai
Ministeriali al Massaro, se non sarà reperito e se sarà citato una seconda volta, che egli sia punito di nuovo con la stessa somma.
XIV. Del fatto che un maestro assuma un altro maestro per lavorare.
Noi stabiliamo ed ordiniamo che se un maestro abbia avuto un lavoro a un prezzo prefissato, o a giornata o in qualche altro modo o accorgimento e se vorrà con sé un altro maestro per fare questo lavoro e se questi lavorerà con lui, quel maestro che avrà assunto un altro maestro sia obbligato a pagare il suo servizio a meno che non sia un Ministeriale o il Massaro della Società che metta questo maestro al lavoro per il Comune di Bologna. E chi contravverrà sarà punito a giudizio dei Ministeriali.
XV. Quanto i maestri Ministeriali e il Massaro debbano avere per le loro prestazioni.
Noi stabiliamo ed ordiniamo che i Ministeriali e il Massaro che avranno l'incarico in avvenire debbano avere ciascuno per la loro prestazione cinque soldi Bolognesi nei sei mesi. E che i Ministeriali e il Massaro siano obbligati a recuperare tutte le ammende, le sanzioni e i contributi prima di lasciare l'incarico, s'intende ciascuno per il proprio quartiere. E se non li avranno recuperati entro il tempo stabilito, che essi siano obbligati a pagare in proprio alla Società la somma corrispondente al totale che non hanno recuperato.
E che i Ministeriali ed il Massaro siano esclusi dagli incarichi per un anno dalla fine del loro mandato.
E prescriviamo che i Ministeriali non ricevano pegni né denari, ma che sia il Massaro a ricevere i pegni e tutti i denari e che, prima del decadere del loro incarico egli paghi ai Ministeriali le loro prestazioni sui fondi dei membri della Società.
XVI. Dei ceri per i defunti che devono essere fatti per conto della Società.
Noi stabiliamo ed ordiniamo che siano comprati due ceri a spese dei membri della Società e che questi debbano restare presso il Massaro della Società. E che essi siano in tutto di sedici libre di cera e che debbano essere portati presso la salma quando un maestro sarà morto.
XVII. Del fatto che tutti i maestri debbono andare dal socio defunto quando saranno convocati.
Noi stabiliamo ed ordiniamo che se uno dei nostri soci sia stato chiamato o convocato dal Nunzio o da qualcuno per lui, venga presso il socio defunto e se non verrà che egli paghi a titolo di ammenda dodici soldi Bolognesi a meno che egli non abbia un'autorizzazione o un giusto impedimento. E che la salma debba essere portata dai membri della Società.
E il Nunzio della Società debba avere dalla Società diciotto denari per ciascun morto, dagli averi della Società. E se il Nunzio non sarà andato né venuto per radunare i Soci, che egli paghi a titolo di ammenda diciotto denari alla Società. E che i Ministeriali e il Massaro siano obbligati a recuperare quei denari.
XVIII. Del fatto che i Ministeriali debbano fare visita ai soci ammalati e dare loro assistenza.
Noi stabiliamo ed ordiniamo che se uno dei nostri soci sarà ammalato, i Ministeriali debbano fargli visita se l'avranno saputo e che gli debbano dare assistenza e aiuto.
E se uno morisse e non potesse essere sepolto con i suoi mezzi, che la Società lo faccia seppellire onorevolmente a sue spese.
E che il Massaro possa spendere fino alla somma di dieci soldi Bolognesi, e non di più.
XIX. Del fatto che i Nunzi siano solleciti alle riscossioni di quelli che sono stati condannati e che trascurano di offrire pegni.
Noi stabiliamo ed ordiniamo che i Ministeriali e i Massari che saranno in carica in futuro, se avranno fatto un pignoramento a un maestro per dei contributi o sanzioni o per altra causa, si rivolgano su di lui per tutte le spese che avranno sostenuto per recuperare il dovuto attraverso i Nunzi del Comune di Bologna o in qualunque modo.
E i Ministeriali e il Massaro che sosterranno delle spese per questa causa, le facciano in proprio, a meno che non le abbiano sostenute per volontà della Società o del Consiglio.
E se colui che deve versare denaro per questa causa non avrà consentito al Nunzio della Società di pignorarlo, sia punito con tre scudi Bolognesi ogni volta che avrà contravvenuto.
XX. Di coloro che si impegnano per contratto.
Noi stabiliamo ed ordiniamo che se qualcuno si impegna con un altro per contratto senza essere rimasto col suo maestro o padrone (o Signore) e senza avere condotto a termine l'impegno con quello, egli non sia assunto prima di quel termine da nessun altro maestro della Società, e che nessun aiuto o assistenza gli sia data da nessun maestro che lo abbia saputo o al quale sia stato denunciato. E chiunque contravverrà, sia punito con venti scudi Bolognesi.
XXI. Del fatto che nessuno vada a chiedere la l'iniziazione più d'una volta.
Noi stabiliamo ed ordiniamo che nessun della Società vada a richiedere l' iniziazione più di una volta. E chi contravverrà sarà punito con sei soldi Bolognesi per volta.
XXII. Del fatto che nessuno riceva l'iniziazione per sua decisione.
Noi stabiliamo ed ordiniamo che se qualcuno riceverà l'iniziazione per sua decisione, sia punito con sei soldi Bolognesi ogni volta che contravvenga.
XXIII. Del fatto che nessuno debba rimanere sul lato dell'altare.
Noi stabiliamo ed ordiniamo che nessuno debba rimanere a lato dell'altare, rivolto verso la Chiesa, sotto pena di un'ammenda di tre denari ogni volta che contravvenga.
XXIV. Della giusta ripartizione degli oneri tra i Maestri.
Noi stabiliamo ed ordiniamo che se uno dei Ministeriali ordini ad un maestro del suo quartiere di presentarsi a un lavoro per la comunità trattandolo alla pari con gli altri maestrí e questi non si presenti; egli sia punito con dieci soldi Bolognesi.
E che nessun maestro può designare un altro maestro del muro e del legno in qualche lavoro per il Comune di Bologna o altrove e chi contravvenisse sia punito con venti soldi Bolognesi.
E i Ministeriali che saranno in carica debbono fare questa designazione mettendo sullo stesso piano i maestri per quartiere, vale a dire quei Ministeriali che saranno presenti in città al momento della designazione.
E se un Ministeriale non tratterà un maestro alla pari, commettendo frode o dolo, o se egli agirà spinto da odio contro quello e se ciò sarà chiaro e manifesto, sia punito con venti soldi Bolognesi, a meno che egli sia stato convocato dal Podestà o da qualcuno dell'ambiente per provvedere a un lavoro per il Comune di Bologna, potrà conformarsi a quel volere senza pena né ammenda.
XXV. Del fatto che nessuno debba alzarsi in una riunione dei maestri per esprimere il proprio parere se non su ciò che sarà stato proposto dai Ministeriali o dal Massaro.
Noi stabiliamo ed ordiniamo che nessuno della Società debba alzarsi per parlare e per esprimere il suo parere in una riunione se non su ciò che sarà stato proposto dai Ministeriali o dal Massaro. E chi contravverrà sia punito con dodici soldi Bolognesi e che egli paghi subito questa somma o che dia un pegno.
XXVI. Del fatto che nessuno disturbi o gridi quando qualcuno parla o fa una proposta nell'Assemblea dei maestri suddetti.
Noi stabiliamo ed ordiniamo che se qualcuno disturba una riunione dopo che un Ministeriale o più Ministeriali o il Massaro o qualcun altro abbia fatto una proposta o abbia preso la parola tra i soci, sia punito con tre denari da pagarsi subito. E che i Ministeriali e il Massaro siano tenuti per giuramento a riscuotere ciò. E che se non lo riscuotono paghino essi stessi l'equivalente alla Società.
XXVII. Della retribuzione del Nunzio.
Noi stabiliamo ed ordiniamo che la Società abbia un Nunzio, ovvero uno per due quartieri e un altro per gli altri due e che essi debbano avere ciascuno annualmente trenta soldi Bolognesi e che debbano reggere i ceri se qualcuno morrà e che debbano andare al domicilio del Massaro (e ricevere) un denaro per ogni commissione da parte di coloro che li hanno incaricati.
XXVIII. In che modo e in quali forme gli associati debbono riunirsi per un socio defunto e in quali luoghi.
Noi stabiliamo ed ordiniamo che se il defunto è del quartiere della Porta Stera, i soci si radunino a San Gervasio. Se il defunto è del quartiere di S. Procolo, che i soci si radunino a S. Ambrogio. Se poi il defunto è del quartiere della Porta Ravegnana, che i soci si radunino a S. Stefano. E se il defunto è della Porta di S. Pietro, che i soci si radunino nella Chiesa di S. Pietro. E che i Nunzi siano tenuti, quando convocano i soci, a dire in quale quartiere è il defunto. E che se non lo dicono siano puniti con due scudi Bolognesi ad ogni contravvenzione.
XXIX. Del fatto che ciascun membro della Società sia tenuto a pagare ogni anno tre denari per le messe.
Noi stabiliamo ed ordiniamo che ciascun della Società sia tenuto a pagare ogni anno per le messe e che i Ministeriali siano tenuti a raccogliere quelle somme.
XXX. Del fatto che nessuno possa assumere un'apprendista per meno di 4 anni.
Noi stabiliamo ed ordiniamo che nessuno della Società debba in alcun modo o mezzo assumere un'apprendista per meno di quattro anni e dargli un paio di focacce per ogni settimana e un paio di capponi per Natale e venti soldi Bolognesi entro cinque anni. E chi controvverrà ai venti soldi Bolognesi e alle focacce e ai capponi sia punito con venti soldi Bolognesi ogni volta che contravverrà un ciascuno di questi punti.
E prescriviamo che tutti gli atti da oggi in avanti debbano essere compiuti presso un Notaio della Società in presenza di almeno due Ministeriali e che debbono essere scritti su un registro che resterà sempre presso il Massaro. E chi contravverrà paghi come ammende tre libre Bolognesi. E ciò sia irrevocabile.
XXXI. Del fatto che ciascuno della Società sia tenuto a mostrare ai Ministeriali il contratto del suo apprendista entro il termine di un anno dal momento in cui l'ha assunto.
Noi stabiliamo ed ordiniamo che ciascun membro della Società sia tenuto entro un anno dall'assunzione di un'apprendista, a mostrare il contratto ai Ministeriali della Società. E che chi contravverrà sia punito con cinque soldi Bolognesi per ogni contravvenzione.
XXXII Del fatto che nessuno possa assumere chi non sia della città o del contado di Bologna o chi sia servo di qualcuno.
Noi stabiliamo ed ordiniamo che nessuno della Società possa tenere né debba avere come apprendista qualcuno che sia un servo o sia di un altro territorio. E chi contravverrà sia punito con cento soldi Bolognesi per ogni infrazione.
E prescriviamo che se qualche socio sposerà una serva (non libera), paghi a titolo di ammenda dieci libre e che sia escluso dalla Società. E ciò sia irrevocabile.
XXXIII. Del fatto che i maestri siano tenuti a fare accogliere gli apprendisti nella Società entro due anni.
Noi stabiliamo ed ordiniamo che ciascun maestro sia tenuto a fare accogliere come suo apprendista nella Società dopo che questi sia rimasto con lui per due anni e a garantire per questo apprendista una e buona e sufficiente sicurezza sua entrata nella Società.
E che coloro che contravverranno siano puniti con venti soldi Bolognesi per ogni contravvenzione e in ogni caso se non recepiscono questa.
XXXIV. Del fatto che nessuno della Società debba lavorare per qualcuno che debba qualcosa ad un Maestro.
Noi stabiliamo ed ordiniamo che nessuno della Società debba lavorare a giornata o a prezzo prefissato per qualcuno che debba dare qualcosa o pagare del denaro a un maestro per motivi di lavoro una volta venutone a conoscenza o esserne stato informato dallo stesso maestro o dai Ministeriali della Società. E chi contravverrà sia punito con venti soldi Bolognesi per ogni maestro e che li paghi ai maestri come indennità per il loro lavoro. E che i Ministeriali siano tenuti a comminare le ammende entro otto giorni dal momento in cui il fatto è diventato noto ed evidente e che facciano pagare ai maestri le indennità.
XXXV. Del fatto che la Società duri per dieci anni.
Allo stesso modo stabiliamo ed ordiniamo che questa Società debba durare dieci anni in tutto o più secondo quanto deciderà la Società o la sua maggioranza a scrutinio.
XXXVI. Del fatto che nessuno si lamenti dei Ministeriali davanti al Podestà o a un suo giudice.
Inoltre stabiliamo ed ordiniamo che un maestro della Società non possa in alcun modo o forma, né debba andare avanti al Podestà o al suo Tribunale per lamentarsi dei Ministeriali o di uno di loro. E chi contravverrà paghi a titolo di ammenda tre libre Bolognesi per ogni contravvenzione. E che ciò sia irrevocabile.
XXXVII Pubblicazione degli Statuti.
Questi Statuti sono stati letti e resi pubblici nell'Assemblea della Società riunita per mezzo dei Nunzii, secondo le modalità usuali nel cimitero della Chiesa di S. Procolo nell'anno del Signore 1248, sesto dell'indizione nel giorno 8 di agosto, sotto il Potestato di Bonifacio De Cario, Podestà di Bologna.
XXXVIII. Del fatto che il Massaro e i Ministeriali siano tenuti a raccogliere i contributi.
Noi stabiliamo ed ordiniamo che il Massaro dei maestri del legno sia tenuto a raccogliere tutti i contributi imposti e le sanzioni da lui pronunciate e le ammende comminate durante il suo mandato. E che se egli non le raccoglie le paghi in proprio al doppio. E che il Notaio sia tenuto col Massaro a raccogliere i contributi, le sanzioni, le ammende, le penalità.
E che i Ministeriali siano tenuti ad andare ciascuno nel suo quartiere a recuperare contributi, sanzioni, ammende.
E che il Nunzio della Società debba andare col Massaro e che se essi non andranno siano puniti con cinque soldi Bolognesi ad ogni mancanza.
XXXIX. Del fatto che il Nunzio della Società debba restare in carica un anno.
Noi stabiliamo ed ordiniamo che il Nunzio della Società debba restare in carica un anno e che abbia per compenso quaranta soldi Bolognesi.
XL. Del Notaio della Società.
Noi stabiliamo ed ordiniamo che i Ministeriali ed il Massaro debbano assumere un buon Notaio per la Società e che egli debba restare in carica un anno, che debba trascrivere le entrate del Massaro e le spese e che debba fare tutti gli atti e le modificazioni e gli Statuti della Società e che egli debba avere come compenso quaranta soldi Bolognesi.
XLI. Del fatto che si debbano fare due libri dei nomi dei maestri del legno.
Noi stabiliamo ed ordiniamo che si debbano fare due libri dei nomi dei maestri del legno e che ciascuno sia nell'uno e nell'altro. E che il Massaro debba conservare uno e un altro maestro debba conservare l'altro. E che se un maestro morrà, sia cancellato da questi libri.
XLII. Del rendiconto dei Ministeriali e del Massaro.
Noi stabiliamo ed ordiniamo che i Ministeriali e il Massaro debbano dare il rendiconto la penultima domenica del mese, sotto l'altare di S. Pietro.
XLIII. Sulla compilazione di una tavola.
Noi stabiliamo ed ordinamento che i Ministeriali in carica in futuro siano tenuti a fare una tavola dei nomi dei maestri del legno conforme all'iscrizione. E se i Ministeriali mandano qualcuno al servizio del Comune di Bologna, questo debba andare secondo il suo turno, in modo che nessuno sia danneggiato; sotto pena di cinque soldi Bolognesi per ciascuno dei Ministeriali ogni volta che avrà contravvenuto.
XLIV. Del fatto che nessuno debba calunniare la Società.
Noi stabiliamo ed ordiniamo che se qualcuno avrà pronunciato offese o calunnie alla Società sia punito con venti soldi Bolognesi per ogni volta. E che ciò sia irrevocabile. E che i Ministeriali siano tenuti a richiedere queste somme. E che se non le avranno richieste paghino il doppio in proprio.
XLV. Del fatto che i Ministeriali debbano decadere.
Noi stabiliamo ed ordiniamo che i Ministeriali in carica debbano decadere, al termine del loro mandato, per un anno.
XLVI. Del fatto che le Società debbano riunirsi separatamente.
Noi stabiliamo ed ordiniamo che la Società dei maestri del legno debba riunirsi a parte là dove le piacerà ai Ministeriali della Società e che la Società dei maestri del muro debba allo stesso modo radunarsi a parte là dove piacerà ai Ministeriali della Società in modo che esse possano riunirsi insieme e solo se i Ministeriali di queste Società decidano di riunirle insieme, esse potranno riunirsi.
E i Ministeriali devono restare uniti per rendere conto ai maestri del muro e del legno che vorranno interrogarli, due volte al mese, cioè ogni due domeniche.
XLVII. Della retribuzione dei compilatori degli Statuti.
Inoltre stabiliamo ed ordiniamo che i quattro preposti agli Statuti che saranno in carica in futuro, abbiano ciascuno due soldi Bolognesi come retribuzione.
XLVIII Della confezione di un cero.
Allo stesso modo stabiliamo ed ordiniamo che, a spese della Società, sia fatto un cero di una libra che dovrà bruciare alle messe della Società.
IL. Dei ceri da dare annualmente alla Chiesa di S. Pietro.
Parimenti stabiliamo ed ordiniamo che siano dati ogni anno, a spese della società, alla Chiesa di S. Pietro, Cattedrale di Bologna, nella festa di S. Pietro, al mese di giugno quattro ceri di una libra. E che i Ministeriali che saranno in carica sian tenuti ad acquistarli sotto pena di cinque soldi Bolognesi ciascuno.
L. Del fatto che un maestro che abbia licenziato un'apprendista prima del termine, possa averne un altro.
Noi stabiliamo ed ordiniamo che se un maestro della Società dei muratori licenzi un suo apprendista prima del termine di 5 anni, egli non possa avere un altro apprendista prima che sia passato il periodo di 5 anni, sotto pena di ammenda di quaranta soldi Bolognesi.
LI. Dell'acquisto di un drappo funebre per la Società.
Noi stabiliamo ed ordiniamo che il Massaro e i Ministeriali che saranno in carica nel nuovo anno, siano tenuti all'acquisto di un buon drappo funebre per la Società a spese della Società. E che il drappo sia portato al capezzale dei membri della Società che moriranno, così come dei familiari di coloro che sono della Società per i quali sarà comprato e non al capezzale di chi non è della Società.
LII. Della retribuzione del Consigliere degli Anziani.
Noi stabiliamo ed ordiniamo che il Consigliere che sarà dato agli Anziani della Società dei muratori sia designato dai Ministeriali di questa Società. E che egli abbia per compenso cinque soldi Bolognesi dal fondo della Società di cui dispongono i Ministeriali, nel caso che egli resti in funzione per sei mesi. Se egli resta in carica tre mesi, che egli abbia soltanto due soldi e sei denari Bolognesi.
LIII. Dei fatto che il Massaro e i Ministeriali siano tenuti a dare il rendiconto.
Noi stabiliamo ed ordiniamo che i Ministeriali ed il Massaro in carica in futuro siano tenuti a fare presentare il rendiconto ad ogni membro della Società dei muratori a chiunque, non membro, lo domanderà.
LIV. Sul non disturbare nelle adunanze.
Inoltre stabiliamo ed ordiniamo che non si debba disturbare né litigare nelle adunanze della Società. E che chi contravviene sia punito con venti soldi Bolognesi.
LV. Del fatto che la Società debba riunirsi nella Chiesa di S. Pietro.
Allo stesso modo stabiliamo ed ordiniamo che la Società debba riunirsi per ogni attività nella Chiesa di S. Pietro o sopra il Palazzo del Signor Arcivescovo.
E i Ministeriali offrano alla Chiesa di S. Pietro quattro ceri di una libra. E che lemesse della Società siano celebrate in questa Chiesa.
LVI. Della necessità di avere più Nunzi nel caso che un membro della Società muoia.
Noi stabiliamo ed ordiniamo che, allorché qualcuno della Società muoia, i Ministeriali possano avere uno o più Nunzi per fare riunire i soci presso il corpo del defunto, e che compensino come sembrerà loro giusto, a spese della Società.
LVII. Di coloro che non versano il denaro per le messe.
Noi stabiliamo inoltre ed ordiniamo che se qualcuno non verserà quattro denari Bolognesi per le messe nel termine fissato dai Ministeriali, questi debba versare il doppio al Nunzio che andrà al suo domicilio per riscuotere la somma.
LVIII. Della necessità di fare copia degli Statuti della Società.
Allo stesso modo stabiliamo ed ordiniamo che tutti gli Statuti della Società siano copiati di nuovo e che là dove si dice i Ministeriali del muro e del legno, si dica soltanto del muro, in modo che gli Statuti della Società del muro siano distinti da quelli del legno. E ciò sia irrevocabile.
LIX. Della necessità di fornire un pegno al Nunzio della Società.
Poi stabiliamo ed ordiniamo che se un membro della Società non dia al Nunzio della Società un pegno quando sia richiesto da parte dei Ministeriali, nessuno debba lavorare con lui sotto pena di un'ammenda di venti soldi Bolognesi che qualcuno lavorerà con lui, a meno che egli non accetti di conformarsi agli ordini dei Ministeriali.
LX. Del compenso dei Notaio della Società.
Noi stabiliamo ed ordiniamo che il Notaio della Società abbia come compenso, ogni 6 mesi, venti soldi Bolognesi e non di più.
LXI. Del compenso degli Controllori dei Conti.
Infine stabiliamo ed ordiniamo che gli Controllori dei Conti (Controllori dei Conti) debbano avere come compenso cinque soldi Bolognesi e non di più.
Bibliografia:
° Da Ricerche sul WEB
° Tratto dalla Loggia Herodom
° TRECCANI - Enciclopedia Italiana
° Da Lavori del Fr Giancarlo Bertollini