A partire dal VI secolo a.C., i Celti si mossero in più direzioni: verso Occidente, fino in Spagna (nella Galizia che ne ricorda il nome) dove si fusero con le tribù locali degli Iberi, dando origine ai Celtiberi; verso Oriente, nei Balcani e in Asia Minore; verso Sud, in Italia, giunsero tra la fine del V e gli inizi del IV secolo a.C. e si stanziarono in Piemonte, Lombardia, Emilia e Marche.
Dei Celti hanno raccontato:
Questa produzione non serviva soltanto al fabbisogno locale e alimentava un commercio a largo raggio che si svolgeva via terra e lungo i fiumi.
L’economia di scambio si basava anche sull’uso della moneta. I primi a introdurre monete nel mondo celtico erano stati i numerosi mercenari che avevano militato negli eserciti ellenistici. Le prime monete celtiche sono appunto imitazioni di esemplari ellenistici. Successivamente si sviluppò una monetazione originale, della quale sono rimasti numerosi esemplari d’oro e d’argento.
Le città erano divise in quartieri e avevano strade e piazze ben allineate. Spesso le città avevano un’acropoli fortificata che occupava il luogo più alto ed era la sede dei governanti.
L’agricoltura celtica si basava soprattutto sui cereali e sugli ortaggi. La viticoltura fu introdotta dai Romani ed ebbe nei secoli successivi uno straordinario sviluppo.
L’allevamento era una risorsa molto importante. Le specie maggiormente diffuse erano i suini, allevati per la carne, i bovini, impiegati soprattutto per il traino e per la produzione del latte, gli ovini, gli equini, il pollame.
In tutte le comunità celtiche, il potere politico era nelle mani di coloro che Cesare chiama i prìncipi, quello religioso nelle mani dei Druidi
Al di sotto di queste due categorie sociali c’erano gli uomini liberi, ossia quanti si guadagnavano da vivere lavorando e che spesso possedevano terre e bestiame, e gli schiavi, per lo più prigionieri di guerra, privi di qualsiasi diritto e impiegati in lavori pesanti e umili.
I prìncipi erano nobili guerrieri, che non svolgevano nessuna attività lavorativa; eleggevano dai loro ranghi un magistrato che per un intero anno deteneva il governo della città, coadiuvato da un consiglio di anziani.
I Druidi godevano di privilegi importanti. Unici intermediari tra il mondo degli dèi e quello degli uomini, celebravano i riti, compivano i sacrifici (anche umani), interpretavano i presagi.
La loro formazione durava molto a lungo: essi dovevano infatti dedicare una ventina d’anni all’apprendimento mnemonico dei testi sacri, che la religione celtica vietava di riprodurre in forma scritta. Proprio per questo le conoscenze della religione celtica sono molto ridotte. La testimonianza più diretta dell’universo spirituale dei Celti proviene dalle loro opere d’arte.
Purtroppo però si tratta soltanto di immagini anonime, perché, a differenza dei Greci, degli Etruschi e dei Romani, i Celti non utilizzavano la scrittura per identificare le divinità rappresentate.
Il disegno riproduce una tipica abitazione celtica risalente al 300 a.C. circa: una capanna rotonda costituita da una struttura di legno sormontata da un tetto conico in paglia. Le pareti erano formate da una cannicciata ricoperta su entrambi i lati da uno strato di argilla e gesso. All’interno dell’abitazione le donne svolgevano le loro mansioni. C’era il telaio verticale per tessere; per cucinare, le donne disponevano sia del fuoco, che serviva anche per riscaldare l’ambiente, sia di un forno a cupola di argilla. Nonostante la sua semplicità, questo tipo di abitazione era particolarmente robusto, tanto da resistere ai rigidi climi invernali del Nord Europa.
Ricerca di Giancarlo Bertollini
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