Islam: Sunniti e Sciiti

Sintesi: Le divisioni nell’Islam; sunniti, ibaditi, sciiti. 

La più importante, ma non unica, differenza religiosa tra musulmani è quella tra la comunità maggioritaria sunnita da un lato, e le diverse comunità sciite dall’altro; un terzo gruppo, gli ibaditi, include una piccola minoranza. 

Per comprendere la distinzione tra sciiti e sunniti si fa usualmente riferimento alla divisione della prima comunità musulmana, in seguito alla morte del Profeta, su chi dovesse guidarla, e in particolare ai conflitti che divisero questa comunità nelle prime due guerre civili (fitan). Generalmente si definiscono “sciiti” i sostenitori di ‘Ali ibn Abi Talib, cugino del Profeta e marito di sua figlia Fatima, e della sua linea di discendenza, e “sunniti” coloro che invece accettano la legittimità della successione al Profeta da parte dei primi tre califfi (Abu Bakr, ‘Umar ed ‘Uthman) e la successiva vittoria delle dinastie califfali umayyade ed abbaside. In questi termini, la distinzione è imprecisa; infatti in questo modo si proietta sui conflitti del settimo e dell’ottavo secolo una distinzione che si è andata definendo nel corso del tempo e che riflette la situazione successiva.  Le prime guerre civili ruotavano inizialmente attorno alla persona che doveva guidare la comunità; si trattava di conflitti tanto politici quanto “religiosi”; per chi li combatteva, stando alle fonti, erano in gioco tanto il potere quanto la salvezza.  

La seprazione tra sciiti e sunniti nasce all’ombra di questi conflitti, e da una successiva riflessione su di essi. Non si tratta infatti solo di un disaccordo sulla persona della guida (imam), ma di una diversa concezione religiosa suo ruolo, e più in generale, dell’asse d’autorità spirituale, e non di quella politica.  

Nel periodo delle fitan, (seconda metà del settimo secolo) si hanno diversi orientamenti politici e dottrinali, tra cui vari “partiti” sostenitori dei diversi pretendenti al califfato, o che invece rifiutano di prendere una posizione politica.  I sunniti Non è storicamente corretto parlare già di una comunità “sunnita”, distinta dagli sciiti e dottrinalmente definita come tale, nel periodo delle prime guerre civili e in epoca umayyade. 

In particolare, è improprio chiamare “sunniti” i sostenitori delle rivendicazioni califfali “vincenti” (gli Umayyadi). Anzi, la successiva tradizione sunnita guarda gli Umayyadi in una luce negativa, mentre riconosce a posteriori il califfato di ‘Ali (ma non dei pretendenti della sua discendenza) come legittimo. 

In generale, per i sunniti l’autorità spirituale suprema non risiede in una singola guida politico-religiosa, indipendentemente dalla persona, ma in un sapere religioso diffuso nella comunità, che non corrisponde dall’autorità politica del califfo.  Questa autorità politica viene comunque accettata, ma la sua accettazione non è più considerata determinante ai fini della salvezza, purché ci si comporti da buoni musulmani, seguendo la Legge religiosa, la Tradizione del Profeta (sunna) e il consenso della comunità. Questo consenso dottrinale (con diverse sfumature) si forma gradualmente tra la fine del settimo e l’inizio del nono secolo e va a definire la visione maggioritaria all’interno della comunità musulmana. 

Il pensiero sunnita ammette, entro certo limiti, la possibilità di disaccordo interpretativo tra i sapienti religiosi, e dunque un certo grado di pluralismo. Al di fuori di questo consenso maggioritario abbiamo sia correnti di pensiero teologico (ad esempio i mu’taziliti) sia vere comunità religiose minoritarie: di queste sopravvivono fino ad oggi gli ibaditi, ultima scuola superstite del movimento kharijita, e appunto le varie correnti sciite. 

I kharijiti e gli ibaditi. Il movimento kharijita nasce nel corso della prima fitna, dal gruppo di seguaci di ‘Ali ibn Talib che rinnega la sua autorità dopo che questa aveva accettato un compromesso con l’umayyade Mu’awiya. I kharijiti delle origini non identificavano una specifica personalità come imam (inteso come guida della comunità) ma esigevano da chiunque scegliessero come propria guida legittima una virtù assoluta; su questa base ritenevano la propria comunità come l’unica vera comunità di credenti e ritenevano che chi accettasse altri governanti non fosse più musulmano. La scuola ibadita, a differenza di altre scuole kharijite ora scomparse, sostiene che la convivenza con gli altri musulmani sia permessa. Attualmente gli ibaditi sono numerosi in Oman e sono rappresentati da piccole minoranze, concentrate in alcune zone del Nordafrica (l’isola di Djerba in Tunisia, la regione del Mzab in Algeria, il Jabal Nafusa in Libia) e attorno all’Oceano Indiano.  

Il termine “kharijiti” di solito non viene usato in relazione agli ibaditi di oggi, nonostante l’origine kharijita della loro dottrina. Nei primi secoli dell’Islam, altri gruppi kharijiti si ritenevano autorizzati ad usare la violenza contro il resto della comunità, non considerandola più credente; dunque erano visti come pericolosi ribelli, e la parola ha assunto una associazione negativa.  

Gli sciiti La comunità religiosa sciita, con le sue distinzioni interne, è l’evoluzione dottrinale del movimento politicoreligioso legato alla figura di ‘Ali ibn Abi Talib e alla sua linea di discendenza, ma non coincide con esso. Questa evoluzione è complessa, legata agli sviluppi storici del secondo secolo dell’Egira (circa l’ottavo secolo) e include numerose divisioni dottrinali. Comune a tutti gli sciiti è la fedeltà alla Casa di ‘Ali come guida per la comunità. Questa fedeltà si consolida in termini dottrinali attorno alla metà dell’ottavo secolo, nel rifiuto della legittimità sia degli Umayyadi che della successiva dinastia Abbaside, la quale era salita al potere rivendicando la propria appartenenza al clan del Profeta (e quindi col sostegno iniziale di una parte dei futuri sciiti). 

Tuttavia, la fedeltà alla Casa di ‘Ali, inizialmente di ordine politico, assume una valenza prevalentemente religiosa nel corso della storia delle diverse tradizioni sciite.  Esistono oggi tre principali tradizioni sciite, oltre ad altre tradizioni minori spesso raggruppate nella categoria dei ghulat (“coloro che esagerano”, si intende, nella venerazione verso ‘Ali e i suoi discendenti).  

1) Gli zayditi sono la tradizione sciita dottrinalmente più prossima ai sunniti. Riconoscono come guida legittima della comunità qualsiasi discendente di ‘Ali e Fatima che sia in grado di far valere i propri diritti, ma con lo stesso tipo di autorità terrena e simbolica che il consenso sunnita attribuisce ai califfi in carica: anche per gli zayditi il sapere religioso è diffuso nella comunità, anche se questa deve essere guidata dagli eredi di ‘Ali. Gli zayditi si ispirano all’azione dell’Imam Zayd, nipote di Husayn figlio di ‘Ali, che guida una fallita ribellione contro gli Umayyadi nel 740. 

Oggi le comunità zaydite si trovano soprattutto in Yemen, dove una linea di loro Imam, discendenti di Hasan figlio di Ali, ha governato a lungo alcune regioni.  

2) La tradizione sciita maggioritaria è quella detta duodecimana o imamita. Al momento della ribellione di Zayd, i futuri duodecimani seguono l’opinione di suo fratello Muhammad al-Baqir, il quinto Imam legittimo secondo la loro tradizione, che aveva sostenuto un atteggiamento quietista. Muhammad al-Baqir e soprattutto suo figlio Ja’far al-Sadiq teorizzano una supremazia spirituale dell’Imam che non si deve necessariamente tradurre in potere politico. Secondo i duodecimani, gli Imam della casa di ‘Ali sono scelti da Dio per fornire una guida alla comunità dei credenti; gli Imam duodecimani sono infallibili nella loro interpretazione del Corano e della Tradizione e dunque formano l’asse di autorità religiosa suprema, al di sopra della comunità. Il riconoscimento della loro autorità spirituale è necessario alla salvezza del credente.  

I duodecimani negano generalmente la legittimità dei primi tre califfi “ben guidati”, perché per loro soltanto gli Imam scelti da Dio possono guidare i credenti, ma storicamente hanno tollerato il potere politico delle dinastie non discendenti da ‘Ali, proprio perché nella loro visione il ruolo dell’Imam diventa essenzialmente religioso. 

La linea di Imam duodecimani si interrompe nel’873, quando l’undicesimo di loro muore. Secondo gli sciiti duodecimani, suo figlio, il dodicesimo Imam, si trova da allora in occultamento (ghayba) per volontà divina. Egli è presente nel mondo, perché la comunità dei credenti non potrebbe esistere senza la sua guida infallibile, ma non è accessibile a causa dell’ingiustizia e della persecuzione prevalenti nel mondo terreno. Apparirà di nuovo alla fine dei tempi per ristabilire l’armonia e la giustizia. Nella fase di ghayba l’autorità religiosa effettiva della comunità sciita è di fatto diffusa in una comunità di sapienti religiosi, come accade per i sunniti e gli zayditi. Questa autorità interpretativa è molto più formalizzata e gerarchizzata, e fa riferimento, oltre al Corano e a un proprio corpus di tradizioni del Profeta, anche agli insegnamenti dei dodici Imam (specialmente di Ja’far alSadiq, che aveva un circolo di discepoli e si dedicava agli studi religiosi). 

Attualmente gli sciiti duodecimani sono la maggioranza della popolazione in Iran, Iraq, Azerbaigian e Bahrain, e significative minoranze esistono in Libano, Afghanistan, Pakistan ed India.  

3) Al tempo di Ja’far al-Sadiq (morto nel 765) si verifica un’altra divisione interna alla comunità sciita dei suoi seguaci. Egli aveva indicato come suo successore il primogenito Isma’il, che però muore prima di lui. I futuri duodecimani seguiranno la guida di un altro figlio di Ja’far, Musa al-Kazim, il settimo dello loro linea di Imam, ritenendo che Musa fosse stato indicato da Ja’far stesso dopo la morte di Isma’il. Un altro gruppo, gli ismailiti, pensarono invece che, essendo infallibile la scelta di Isma’il da parte di Ja’far, la guida della comunità spettasse ai discendenti di questo, anch’essi in occultamento. Sappiamo poco della storia della corrente ismailita nel primo periodo della sua storia. Le dottrine ismailite spingono la venerazione degli Imam ancora più oltre la dottrina duodecimana. 

Per gli Ismailiti un Imam, infallibile e impeccabile, è sempre presente nel mondo, secondo cicli di fasi di manifestazione e di occultamento. L’Imam è la guida vivente della comunità, o perlomeno di quella élite che è in grado di comprenderne l’insegnamento più profondo di natura esoterica (batin).  

Esistono diverse correnti Ismailite, perché in diverse occasioni la linea di successione degli Imam è stata contestata. La corrente più numerosa, i nizariti, ha attualmente un Imam manifesto, che oggi ha il titolo di Aga Khan. Ad una corrente ismailita si deve la creazione del califfato fatimide, governato dalla loro linea di Imam tra il decimo e il dodicesimo secolo. Dopo il tredicesimo secolo, anche le tradizioni ismailite hanno completamente rinunciato a indentificare il potere politica con l’autorità spirituale dei loro Imam. 

4) I gruppi detti ghulat sono numerosi, diversi tra loro e hanno origini diverse; alcuni nascono all’interno dell’ismailismo, come i Drusi presenti in Siria e Libano, altri si formano dallo sciismo delle origini, come gli ‘Alawiti della costa siriana, altri ancora nascono in epoca successiva. Questi gruppi sono caratterizzati da una venerazione speciale per ‘Ali e per alcune specifiche figure della sua discendenza, che considerano dotati di qualità sopra-umane, e volte semi-divine e per insegnamenti esoterici che particolari che li distinguono da altri gruppi. Sono stati spesso perseguitati e a volte considerati non musulmani dagli ‘ulama’ sunniti.  

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